PER NOI SARA' SEMPRE E COMUNQUE UN DISASTRO AMBIENTALE

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mercoledì 27 aprile 2011

Associazione "Comitati Spezzini": LA CASA DELLA LEGALITA' SULL' ASSOCIAZIONE LIBERA

Associazione "Comitati Spezzini": LA CASA DELLA LEGALITA' SULL' ASSOCIAZIONE LIBERA

UNO DUE DEL SINDACO BAROTTI






DOPO IL RECENTE EXPLOIT SULLA CACCIA AL CINGHIALE NELLE SCUOLE CHE LA LAC HA LICENZIATO CON UN SPIRITOSO QUANTO AZZECCATO "LIBRO E MOSCHETTO IN VAL DI VARA" ECCO ARRIVARE IL NULLA OSTA DEL SINDACO BAROTTI A FAR PROSEGUIRE L' ATTIVITA' DI STOCCAGGIO DI RESIDUI DI LAVORAZIONE DELLE PIETRE SINO ALLA CHIUSURA DEL SITO.

LEGITTIMO -PER CARITA'- MA SOLO TRE MESI FA IL GIOVANE SINDACO DICEVA CHE ERA NECESSARIO FARE UN RAGIONAMENTO SULLE DISCARICHE E SUL CICLO DEI RIFIUTI ECCOLO:


12/01/11 NAZ - Rocchetta Vara - Discarica Summit di Fiasella

La Nazione – (on – line) – 12/01/11 - pag. 8



ROCCHETTA è diventata in queste settimane epicentro della Val di Vara per via del progetto di una discarica di servizio prevista nel piano rifiuti. «Occorre fare chiarezza sulla politica delle discarica in Val di Vara» rilancia il sindaco Riccardo Barotti prendendo spunto dall’intervento del capo della giunta di Maissana Egidio Banti. Barotti però aggiunge: «Serve un discorso globale sulle discariche. Prima di aprirne di nuove occorre chiudere e mettere in sicurezza le vecchie, come quella che utilizza il comune di Maissana insieme a Varese Ligure, nel cuore della valle del biologico. Penso che piccoli comuni, già impegnati nel contrarre mutui per la sistemazione di opere pubbliche, non possono avere risorse disponibili anche per questi problemi». Barotti aspetta una risposta anche dal presidente della Provincia Marino Fiasella che ha convocato la conferenza dei sindaci della Val di Vara sul tema discarica per domani pomeriggio a Sesta Godano, nella sede dalla Comunità Montana.
IL CAPO della giunta di Rocchetta respinge al mittente le accuse di Paolo Gregori, consigliere di opposizione a Brugnato, comune in prima linea a contrastare il progetto della discarica a Rocchetta. «Mi dispiace deludere Gregori — osserva Barotti — ma parlando di proteste strumentali non alludevo al suo gruppo su Facebook, ma ai diversi gruppi sorti contro la discarica, alcuni dei quali ritengo non molto opportuni. Il vero scopo del gruppo di Gregori è quello di cercare di avere pubblicità, sfruttando tutte le occasioni possibile, anche quelle su argomenti di grande attenzione e di grande delicatezza. Del resto lui vanta di avere quasi 500 aderenti al gruppo, molti dei quali non hanno scelto di parteciparvi ma sono stati inseriti senza richiedere consenso. Addirittura nel citarmi sbaglia di continuo il mio nome chiamandomi Roberto».

lunedì 25 aprile 2011

LE SPIAGGE BIANCHE DI ROSIGNANO SOLVAY






Un pò di controinformazione riguardo le spiagge bianche di Rosignano Solvay. Alla fine di ogni articolo si trova il link per l'articolo orignale e completo.

Lo stabilimento Solvay è sorto a Rosignano nel 1941. Si tratta di una multinazionale belga che estrae salgemma dai giacimenti di Volterra e della Val di Cecina. Produce sale, cloro, e derivati. Sono caratteristiche le spiagge dinanzi allo stabilimento per il colore bianchissimo, dovuto alla presenza del carbonato di calcio (sono note come "spiagge bianche"). In questa zona, lunga circa mezzo chilometro, c’è il divieto di balneazione (ma la gente, attratta da queste spiagge caraibiche, fa il bagno tranquillamente). Qui si trova infatti il Fosso Bianco, rivo artificiale dove scarica la Solvay. Un divieto così ridotto è senza senso anche secondo gli studi del CNR di Livorno, dato che a 6 km dalla costa verso il mare è stato trovato mercurio nelle sabbie carbonatiche.
Le schiume e gli scarichi di materiali calcarei non sono che gli aspetti più appariscenti degli scarichi a mare. Il mercurio, l’elemento tossico che caratterizza il caso Rosignano, è ancora quasi tutto nei sedimenti marini, e ritorna in circolo con le mareggiate, i pesci e il calore solare.
La questione mercurio è l’esempio migliore della subalternità delle istituzioni alla Solvay: nel recente accordo (precedente l’autorizzazione) non se ne parla neanche. La Commissione europea prevede la chiusura degli impianti cloro-soda con celle a mercurio in Europa entro il 2010.
Ci sono poi gli sprechi enormi, inaccettabili, di salgemma e d’acqua. La Solvay preleva l’acqua dai fiumi Cecina e Fine, con gravi conseguenze sulla riserva idrica della zona, che si vede costretta a razionare l’acqua. Preleva infatti circa 41 milioni di metri cubi l’anno, pari alla quantità utilizzata da tutta la provincia di Livorno (turisti compresi).
La riduzione degli scarichi a mare porterà, nel lungo periodo, alla scomparsa delle spiagge bianche (la sabbia è resa bianca dal carbonato di calcio derivante dagli scarti di lavorazione e che, in estate, "sono meta di migliaia di turisti da tutta la Toscana " (come mai se c’e’ il divieto di balneazione? la frase virgolettata e’ presa da un ansa del 30/3/2000).

http://www.radio.rai.it/radio1/beha/archivio_2000/eventi/agosto/2908_a.htm

Il gruppo Solvay è uno dei primi dieci gruppi chimici del mondo, con circa 33.000 dipendenti distribuiti in 42 paesi. I suoi prodotti di punta sono il carbonato di sodio (soda), il cloro, l’idrato di sodio (soda caustica), il PVC e il polietilene. Con il recente acquisto di Ausimont (con annesse miniere in Namibia), Solvay diviene il primo produttore mondiale di derivati del fluoro. Un settore secondario è quello dei prodotti farmaceutici.
La soda che Solvay produce in Europa per ragioni di sinergie economiche e produttive, esiste tal quale in natura, tanto che la stessa Solvay la estrae e la commercializza in America.
Solvay è presente in Italia con 11 stabilimenti, più la sede direzionale a Milano per complessivi 2.182 dipendenti. Quello di Rosignano è lo stabilimento più grande con 803 dipendenti. Gli altri sono situati a: 1. Angera (Varese), derivati del magnesio; 2. Buriasco (Torino), prodotti mplastici; 3. Ferrara, granulazione PVC; 5. Grugliasco (Torino), prodotti farmaceutici; 6. Massa, derivati del bario; 7. Monfalcone (Gorizia), imballaggi in plastica; 8. Roccabianca (Parma), plastica per cavi e tubi; 9. San Giuliano Milanese (Milano), plastica per arredo; 10. Tavazzano (Milano), solfuri e cloroderivati.
Solvay tra Province di Pisa e Livorno occupa 2000 ettari di superficie e 803 dipendenti, compresi quelli impegnati a San Carlo (estrazione del calcare) e a Buriano-Ponteginori (estrazione del salgemma). Il 75% del salgemma previa depurazione finisce alla sodiera, vecchio cuore della fabbrica, che è in marcia dal 1917 e produce un milione di tonnellate all’anno di soda (carbonato di sodio), quasi interamente assorbito dall’industria vetraria. Il restante 25% alimenta l'impianto di elettrolisi a mercurio, in funzione dal 1939, che in un anno produce 116.000ton di cloro, 130.000ton di soda caustica (idrato di sodio) e 3.300ton di idrogeno.
Negli anni sessanta furono costruiti gli impianti clorometani, poliolefine, perossidati, craking e ampliato il VCM. L’impianto di clorometani a causa delle restrizioni sulle sostanze dannose per la fascia di ozono ha ridotto la produzione di molti composti (cloruro metile, cloruro di metilene, cloroformio, ecc.) ed aumentato quella di acido cloridrico (45.000ton/anno). L’ipoclorito di sodio è prodotto in 75.000ton/anno.
L’impianto perossidati produce acqua ossigenata (sbiancante per carta) e percarbonato di sodio (detersivi).
La produzione delle poliolefine è di 200.000ton/anno (polietilene in grunuli) e sta per essere ceduta al gruppo IP.
Nel 1978 furono chiusi il vecchio ed inquinante impianto VCM e l’altrettanto inquinante craking per la produzione di etilene. Da allora l’etilene arriva via mare, tramite un pontile di 1,8km, e stoccato in area archeologica costiera.
Nel 1988 la popolazione con un referendum dall’esito clamoroso respinse il progetto Solvay di un nuovo mega-impianto VCM-PVC, nonostante esso godesse dell’appoggio di quasi tutti i partiti, sindacati e istituzioni.
Nel 1997 Solvay ha attivato a Rosignano una centrale elettrica turbogas da 350 Megawatt (circa 1/6 dei consumi toscani) e nel novembre 2001 ha presentato un progetto per una seconda centrale da 400 Megawatt, non necessaria allo stabilimento e non prevista dal Piano Energetico Regionale.
La Solvay di Rosignano è classificata ad "alto rischio d'incidente rilevante" ai sensi del DPR 175/88 e come tale soggetta a procedura particolare (notifiche, piano di protezione civile, ecc.). Tale procedura, durata ben 11 anni, ha messo sotto osservazione gli impianti Cloro, Etilene e Acqua Ossigenata e alla sua conclusione è stato dichiarato ad alto rischio solo l’impianto Cloro.

Solvay S.A. è presente nelle province di Pisa e Livorno, Toscana Centro Occidentale, dal 1917, attualmente mantiene un grosso stabilimento industriale presso Rosignano Solvay, cittadina della costa in Provincia di Livorno, ed è titolare di concessioni per lo sfruttamento minerario dei giacimenti di salgemma nelle aree dell’entroterra denominate Buriano, Casanova e Ponteginori (quest’ultima ormai esaurita).
Il salgemma (il comune sale da cucina) si trova nella zona di Volterra in banchi e lenti sotterranei a profondità variabili in genere tra 80 e 500m, all’interno di formazioni argillose mioceniche. La coltivazione dei giacimenti avviene tramite pozzi che attraversano i principali banchi del minerale. Immettendo nei pozzi grossi quantitativi di acqua dolce a pressione viene provocata la dissoluzione del sale. La salamoia (soluzione di acqua e sale) viene quindi estratta e introdotta in altri pozzi fino ad arrivare ad ottenere una soluzione satura di cloruro di sodio. Pozzi diversi, dislocati a distanza di varie decine di metri con disposizione «a scacchiera» vengono in comunicazione in profondità attraverso i vuoti lasciati dalla dissoluzione dei banchi di salgemma. La fase in cui si realizza la messa in comunicazione tra pozzi, dopo la quale inizia la fase di estrazione, impiega tempi variabili da uno a tre anni, in funzione degli aspetti geologici e stratigrafici della zona. La fase produttiva è costituita dalla messa in esercizio dei pozzi, attraverso i quali viene prelevata la salamoia satura fino all'esaurimento dello strato di salgemma. La salamoia estratta viene inviata allo stabilimento di Rosignano attraverso una tubazione lunga circa 35 Km. La realtà produttiva di Rosignano, grazie al salgemma del Volterrano e al calcare delle cave di S. Carlo, realizza una serie di composti, carbonato e bicarbonato di sodio, cloro e cloroderivati. Come accade per molte altre grandi realtà industriali le ricadute occupazionali subiscono da molti anni una fortissima erosione, i dipendenti Solvay a Rosignano sono passati dai 3.200 del 1978 ad 800 attuali.
La dissoluzione delle lenti e dei banchi di salgemma determina la formazione di cavità di grandi dimensioni nel sottosuolo che sotto il peso dei terreni soprastanti vengono a richiudersi per schiacciamento e per crolli, in tempi più o meno lunghi. In superficie questo fenomeno si traduce in subsidenze (abbassamenti del terreno) di entità variabili. Le subsidenze possono indurre avvallamenti, fenomeni franosi e, nelle vicinanze dei pozzi di estrazione, vere e proprie voragini (camini di collasso) che spesso hanno determinato la formazione di laghi salati.
Le quantità di risorse, salgemma e acqua dolce, estratte da Solvay e utilizzate per l’industria di Rosignano sono andate crescendo nel tempo a ritmi vertiginosi: il salgemma è passato dalle 36.000ton del 1915, alle 569.000ton del 1950, fino ad 1.928.100ton nel 1997. Per quanto riguarda l’acqua, essa è utilizzata da Solvay nei cantieri minerari per i processi di estrazione e di trasporto del sale, e nello stabilimento di Rosignano per i processi industriali. Il consumo è ovviamente cresciuto di pari passo con l’aumento dei quantitativi di minerale estratto e delle produzioni. L’acqua viene prelevata in gran parte dal fiume Cecina nei vari punti dove sono dislocate le opere di derivazione: le quantità ufficiali rimandano esclusivamente a dichiarazioni Solvay, dal momento che nessuno fino ad oggi ha mai effettuato controlli. I consumi di acqua dolce sono passati da 28.000m3 (stimati) negli anni 1920 a 14.318.000m3 dichiarati nel 1996, di cui 10.413.000 derivati dal Cecina e 3.905.000 dal Lago di S. Luce nel bacino idrografico del vicino fiume Fine.
Il salgemma è utilizzato anche negli stabilimenti della Salina di Stato, situati presso Volterra, in una frazione nota appunto col nome di Saline. Oggi la Salina fa parte dell’Ente Tabacchi Italiano (ETI), società pubblica in odore di privatizzazione che fino a poco tempo fa si chiamava Amministrazione dei Monopoli di Stato (AMS). Lo stabilimento di Saline di Volterra attualmente estrae dalle proprie concessioni circa 70.000ton/anno di salgemma, un quantitativo 26 volte inferiore a quanto prelevato da Solvay, che viene venduto all’ingrosso a poco prezzo. La Salina occupava negli anni cinquanta 540 dipendenti, numero che scese a 300 a metà anni settanta, nel 1996, al momento della firma del contratto, erano 120 e oggi nel 2002 il numero degli occupati è crollato ad 80 unità. Ma ancora non basta, si parla adesso di una drastica riduzione del personale, pare che verrà ridotto alla metà il numero degli addetti per rendere appetibile l’azienda in vista della privatizzazione. Gli impianti industriali risalgono ai primi anni sessanta e avrebbero senz’altro bisogno di essere modernizzati.

L’attività di estrazione del salgemma per le caratteristiche dei giacimenti del Volterrano produce necessariamente fenomeni di subsidenza (sprofondamenti del terreno irregolari e protratti nel tempo). Il problema può essere drammaticamente aggravato dall’attuazione del contratto ETI-Solvay per l’enorme incremento dei ritmi d’estrazione previsti e per le peculiarità delle nuove concessioni.
I prelievi di minerale che opera la Salina oggi raggiungono a stento 70.000ton/anno, mentre come è stato precedentemente ricordato, Solvay opererebbe a ritmi che «a regime» andrebbero ad attestarsi su 2.150.000ton/anno, ovvero circa 26 volte tanto. Questo incremento spaventa soprattutto la popolazione di Saline di Volterra, 1.200 abitanti, perché il paese viene a trovarsi esattamente all’interno delle nuove concessioni. Essi, pur abituati a convivere col fenomeno, temono che ai ritmi di prelievo Solvay i danni alle loro abitazioni e alle infrastrutture diverrebbero insostenibili. E’ noto che nella concessione di Buriano, dove attualmente è attiva la coltivazione mineraria Solvay, la subsidenza raggiunge punte ben oltre i 20m. Inoltre nelle concessioni oggetto del contratto i banchi di salgemma sono molto più superficiali rispetto alle attuali concessioni Solvay, il che autorizza ad attendersi fenomeni di subsidenza amplificati di molto.
Già durante gli anni venti, il Ministero delle Finanze fece chiudere alcuni pozzi di acqua salata a nord di Saline perché il loro sfruttamento procurava il danneggiamento di alcune abitazioni nel piccolo centro abitato. Lo stesso Ministero a quel tempo impose una fascia di rispetto attorno a Saline di 1000m. La fascia di rispetto prevista dal contratto è di soli 100m, estesa a 200m attorno ai punti vulnerabili (l’abitato di Saline, l’asta del fiume Cecina, la linea ferroviaria, la S.S. 68, la S.P. 419). Una garanzia che gli abitanti della zona giudicano del tutto insufficiente.
Il sistema di coltivazione a scacchiera applicato da Solvay prevede l’utilizzo di pozzi multipli che vengono in comunicazione nel sottosuolo attraverso estesi scavernamenti e profonde dissoluzioni. La dissoluzione dei banchi di salgemma nel sottosuolo per la loro prolungata estensione non può essere posta del tutto sotto controllo e da sempre si osservano vistosi abbassamenti del suolo ben al di fuori delle aree di coltivazione: oggi se ne hanno esempi evidenti in località La Silsa, dove sono coinvolte la S.S, 68, la linea ferroviaria e alcune costruzioni e in località San Domenico. Dal punto di vista della sicurezza sarebbe di gran lunga preferibile il metodo di coltivazione definito a pozzi singoli che limita gli scavernamenti mantenendo dei pilastri di sostegno all’interno del livello produttivo frapposti ai comparti coltivati, ma l’azienda per massimizzare il rendimento preferisce utilizzare il metodo a pozzi multipli.
Le cavità sotterranee, la fratturazione e lo scompaginamento dei livelli produttivi e della copertura, in altre parole il dissesto geologico profondo provocato dall’attività estrattiva aumenta sensibilmente la pericolosità sismica del sito, che in caso di evento tellurico diverrebbe infinitamente più vulnerabile.

Nel Volterrano, sono noti fin dai tempi degli etruschi giacimenti di salgemma purissimo, cloruro di sodio al 99,893%. Questa risorsa non rinnovabile ha segnato la storia di Volterra e della sua economia da tremila anni a questa parte. Per la sua qualità il salgemma del Volterrano risulta particolarmente adatto al consumo alimentare o agli usi cosiddetti “fini” piuttosto che per la produzione di cloroderivati.
Il minerale si trova in banchi e lenti all’interno di depositi argillosi del Messiniano (Miocene sup.) posti nel sottosuolo a profondità variabili nella zona di Saline di Volterra e Ponteginori.
Il sale ha un’origine evaporitica ed è frequentemente associato a livelli di gesso. L’estrazione del minerale avviene in tre fasi: attraverso pozzi viene immessa acqua nel sottosuolo; si determina la formazione di bacini endogeni di acque salse; successivo prelievo per pompaggio di salamoia satura.
Le quantità di sale che si stima siano racchiuse nel sottosuolo delle concessioni della Salina sono circa 80.000.000m3,
una quantità che coltivata ai ritmi Solvay andrebbe esaurita nel giro di 70 anni. L’annullamento della risorsa viola il principio di sviluppo sostenibile che la Regione Toscana con la legge 5/1995 ha fatto proprio.
Qualsiasi soggetto privato che estrae salgemma è tenuto a pagare un canone annuo per ogni tonnellata di minerale all’erario (fino a ieri ai Monopoli di stato). Solvay aveva arbitrariamente cessato di corrispondere tale canone ai Monopoli dai primi anni settanta, divenendo così debitrice di circa 75 miliardi di lire (38.734.267€). La contrattazione tra Solvay e Monopoli si è rivelata un disastro per l’ente pubblico. E’ stato abbassato il prezzo del canone da 2.700 lire (1,39€) più IVA per tonnellata annua a 1.700 lire (0,88€) più IVA. Il canone era 210 lire (0,11€) nel 1967, ovvero tenuto conto dell’inflazione 10 volte più alto di adesso. Ancor più stupefacente è la decorrenza della revisione del prezzo, fissata retroattiva fin dal 1986, cosicché l’erario perde a favore di Solvay oltre 2 miliardi di lire (1.032.914€) all’anno. Per finire Solvay estinguerà il debito con la fornitura di salamoia che il contratto prevede che debba assicurare alla Salina, quindi in concreto la multinazionale non verserà neanche un soldo del debito dovuto.

Inoltre gli abitanti di Saline hanno ben presente quanto successo a Belvedere di Spinello (Calabria) nel 1984, dove i prelievi di salgemma in un cantiere minerario analogo provocarono un disastroso collasso che causò l’espulsione catastrofica di almeno 1.500.000m3 di salamoia con conseguenze gravi per l’ambiente e per l’agricoltura a breve come a lungo termine.
I timori si rafforzano, dal momento che all’interno di Saline è situata una industria chimica, Altair Chimica, di dimensioni medio-piccole, ma caratterizzata da impianti ad elevata pericolosità che rendono il sito particolarmente sensibile.
La politica di Solvay rispetto a questo problema appare piuttosto spregiudicata. Per non fornire punti di riferimento certi ed elementi tangibili delle conseguenze del fenomeno, l’azienda dispone l’abbattimento di ogni manufatto all’interno delle concessioni. E’ così che sono andati perduti molti antichi poderi delle campagne del Volterrano. L’azienda tende a rilevare, pagandoli cifre cospicue, i fabbricati che hanno subito le lesioni più gravi fuori e dentro le concessioni, in modo tale da occultare le conseguenze più evidenti del dissesto e cercando di dividere il fronte dei cittadini che protestano.
Per non parlare delle indagini geofisiche e geognostiche condotte dall’azienda all’interno delle concessioni, secretate per improbabili ragioni di concorrenza industriale. La motivazione, se la situazione non fosse così preoccupante, apparirebbe quasi comica, infatti lo sfruttamento delle proprie concessioni gli è assicurato in perpetuo dallo Stato italiano e dunque non esiste rischio di concorrenza. Tale documentazione potrebbe invece mettere in evidenza gli effetti nel sottosuolo della coltivazione col sistema a pozzi multipli ed essere eventualmente di aiuto per prevenire possibili situazioni di rischio dentro e fuori le concessioni minerarie. La sicurezza passa, però, in secondo piano di fronte alle nobili ragioni del mercato, anche quando sono palesemente inconsistenti e pretestuose.
Infine c’è un problema di trasparenza: la rete pubblica di livellazione che esegue il monitoraggio della subsidenza è sotto la responsabilità di un eminente professore del C.N.R. che purtroppo è al tempo stesso il principale consulente tecnico di Solvay nella zona.

Come spesso avviene per le industrie della chimica di base anche nel caso degli impianti Solvay di Rosignano la contaminazione ambientale sembra essere lo scotto da pagare in cambio dei posti di lavoro. I problemi ambientali più gravi, oltre a quelli relativi al salgemma e all’acqua dolce, hanno contorni ben definiti, si chiamano: cloro e mercurio.
Il cloro preoccupa per il pericolo di fughe asfissianti, per i suoi utilizzi e le conseguenze nocive: i cloroderivati cancerogeni, i danni alla fascia dell'ozono, le piogge acide. Il cloro a contatto con l’aria è un gas superpesante che ristagna vicino al suolo ed è letale per l’uomo nella misura di mezzo grammo per metro cubo d’aria. E’ fortemente irritante per la pelle, per gli occhi e le vie respiratorie, può provocare edema polmonare e alterazione della funzionalità respiratoria. Il cloro è il primo anello della catena del cloruro vinile monomero / dicloroetano / polivinilcloruro (PVC) tristemente nota. E’ inoltre l’elemento base di numerosi pesticidi fra i quali il DDT, mentre le diossine e i furani si formano come residui nella produzione e nell’incenerimento di organoclorurati. Infine è nocivo assieme ad alcuni suoi composti per la fascia di ozono. Nella storia di Rosignano si contano numerose fughe di cloro, la AUSL locale ne conta 10 avvenute tra il 1973 e il 1990, i sindacati ne ricordano una in più, mentre gli abitanti circa il doppio. Il 13 Agosto 1987 la fuoriuscita di 40kg di cloro determinò una situazione ad alto rischio per la popolazione, che per fortuna venne scongiurata dal forte vento di quella giornata che disperse il gas.
Vi sono molti composti del cloro che finiscono nelle acque e nell’aria di Rosignano. Il cloruro di metile non è neppure citato nell’autorizzazione del 21/1/2000 della Provincia di Livorno sugli scarichi a mare, così come per il cloruro di metilene. La stessa autorizzazione fissa per il cloroformio il limite di 285kg/anno, mentre per il tetracloruro di carbonio consente di raggiungere la quota di 380kg/anno.
Il contatto con le sostanze tossiche emesse o trattate dallo stabilimento (cloroformio, tetracloruro di carbonio, acqua ossigenata, percloroetilene, mercurio, nikel, ecc.) ha favorito al diffusione di patologie nella popolazione e nei lavoratori. Un dato appare particolarmente preoccupante, dei 43 decessi avvenuti tra i lavoratori ex-esposti a CVM, 21 sono avvenuti per tumori maligni, per una percentuale del 49%.
Il mercurio è presente negli impianti Solvay di Rosignano come componente della vecchia tecnologia dell’elettrolisi con celle a mercurio per la produzione di cloro. La Commissione europea (OSPAR) per la protezione del nord-est Atlantico ha indicato il termine del 2010 affinché venga definitivamente abbandonata. Esiste l’alternativa collaudata delle celle a membrana, il cui impatto ambientale è incomparabilmente inferiore, ma a Rosignano non riesce a fare breccia.
Il mercurio si accumula nella catena alimentare ed arriva all’uomo prevalentemente sotto forma di metilmercurio; gli organi bersaglio sono il rene ed il sistema nervoso centrale, ma colpisce anche altri organi. Le intossicazioni acute da mercurio possono provocare lesioni polmonari, nefrite, stomatite ulcerosa, ecc. L’intossicazione cronica può portare ad alterazioni della personalità, irritabilità, insonnia, tremore, ansietà, alterazione della parola. Nelle donne in gravidanza può generare alterazioni del feto che si traducono in figli affetti da una malattia simile alla paralisi cerebrale, compromissioni uditive e visive e aberrazioni cromosomiche.
I dati ufficiali riportano che a Rosignano dal 1939 fino a poco prima dell’entrata in vigore della legge Merli (1976) siano state scaricate a mare 14 tonnellate all’anno di mercurio. L’attuale autorizzazione consente di scaricarne 600kg all’anno fino al 2003 compreso. Ricercatori del CNR di Pisa hanno approssimativamente calcolato che sul fondo del mare lungo questo tratto di costa vi siano accumulate circa 337 tonnellate di mercurio. L’ittiofauna può assumere questo elemento, come già successo a Minamata in Giappone, e quindi attraverso la catena alimentare esso può arrivare all’uomo con il carico di conseguenze immaginabili.
Un problema di basso impatto sanitario ma rilevante dal punto di vista ambientale è quello dello scarico a mare delle particelle solide sospese. Sia la sodiera che l’impianto cloro-soda caustica determinano come prodotto di scarto grandi quantità di carbonato di calcio (e in misura minore gessi) che vengono inviati al mare tramite un canale di scarico. Il rilascio di enormi quantità di sospensioni ha “sterilizzato” alcuni chilometri di costa, dove la vegetazione marina, la fauna bentonica e pelagica sono scomparse. Le concentrazioni dei solidi sospesi eccedono di molto i parametri previsti dalla legge fin dalla emanazione della L. 319/’76. Praticamente da allora Solvay gode di un regime di deroga rispetto a questo parametro che viene rinnovato ogni 4 anni con delibera provinciale. La situazione va avanti così, in regime transitorio-stabile, da quasi trent’anni. L’ultima autorizzazione (21/1/2000) prevede un programma di risparmi d’acqua, di materiale e una riduzione degli scarichi a mare del 30%, entro il dicembre 2003. Ci auguriamo che almeno questi impegni minimi vengano rispettati, poiché la quantità totale dei rifiuti che ufficialmente gli impianti chimici di Rosignano scaricano in mare è decisamente eccessiva, ammonta a 200.000 tonnellate annue.
Il rischio ambientale appare, quindi, nel complesso elevato, nonostante le autorità sanitarie e della protezione ambientale della zona tendano a minimizzare: i tecnici ARPAT hanno archiviato molte morie di pesci avvenute in questo tratto di mare con la formula grottesca di “morti per cause naturali”.

http://www.cipsi.it/contrattoacqua/home/dettagli.asp?ID=292&tipo=2

La presenza dell’industria Solvay in Toscana è ormai storica. L’azienda s’insediò a Rosignano ai primi del secolo scorso, perché aveva individuato nei giacimenti di salgemma della vicina Val di Cecina la materia prima che poteva rifornire i propri stabilimenti, già all’epoca famosi per la produzione di carbonato di sodio. La società belga, leader nella chimica di base, con quasi un secolo di presenza, ha messo profondamente le proprie radici in Toscana: ha praticamente fondato la cittadina di Rosignano Solvay, a cui addirittura dà il nome, e cura immancabilmente ed impeccabilmente i propri rapporti con le amministrazioni locali. Purtroppo un’industria chimica come quella Solvay, dotata di un basso livello tecnologico, sottopone il territorio ad una pressione tale da provocare numerosi attriti con le popolazioni locali. Sono ormai diversi anni che associazioni, comitati, movimenti di cittadini sono mobilitati a difendere il proprio territorio dalle attività, attuali ed in progetto, della multinazionale. Oggi, nonostante una gran parte del salgemma estratto in Italia provenga dalla Val di Cecina, la ricchezza da esso ricavata prende altre strade. Questi profitti sono indirizzati quasi per intero in Belgio, dove ha sede Solvay; solo qualche briciola resta a Rosignano sotto forma di posti di lavoro assieme all’inquinamento rilasciato dall’industria chimica; quasi nulla in Val di Cecina, a parte la desolazione di migliaia di ettari di cantieri minerari. La questione della Solvay e del suo impatto sul territorio della Val di Cecina è stata affrontata e approfondita da questo documentario che si articola attraverso una serie di interviste a soggetti appartenenti al mondo politico, sindacale e dell’associazionismo ambientale. Mostrare il fiume, i cantieri minerari, l’inquinamento del mare e della costa sono state alcune delle tracce seguite dal documentario.

http://www.docume.org/schedafilm.asp?id=51

LA MIA SOLVAY
Quella che vedete è la fotografia aerea, scattata l'anno scorso, del tratto di costa denominato "spiagge bianche" e del mare prospiciente per un paio di miglia circa, nell'area industriale del comune di Rosignano Marittimo, provincia di Livorno.
I fabbricati geometrici che si vedono in terra sono le strutture industriali della fabbrica chimica Solvay, multinazionale belga da 100 anni padrona di questo territorio costiero confinante con i paesi ad alto valore turistico di Castiglioncello e Vada e con le pinete, ormai quasi scomparse a causa dell'erosione, del comune di Cecina. Negli ultimi anni, i mezzi di comunicazione di massa hanno magnificato queste spiagge, definite "caraibiche" poiché composte di sabbia fine di colore, appunto, bianco candido, determinando un flusso di bagnanti notevole, tanto che l'amministrazione comunale ha dovuto creare parcheggi enormi per evitare intralci alla circolazione lungo quel tratto di strada statale, la n.1 Aurelia. L'effetto "caraibi" è poi amplificato dal colore delle acque marine che lambiscono questo tratto di costa, colore vivamente azzurrino che la foto in bianco e nero non può rendere. Esteticamente dunque il paragone è appropriato. Sostanzialmente però c'è solo un piccolo problema. E' stata omessa, da questa magnificazione, la reale causa di questo bellissimo effetto cromatico. Questo tratto di costa è infatti adibito a discarica della fabbrica chimica retrostante. Oltre al carbonato di sodio, che come inerte è andato e va ad arricchire di bianco la sabbia, il fosso di scarico delle acque reflue industriali entra nel mare, depositando sostanze più o meno tossiche, quella enorme nuvola marina che vedete nella foto, la cui composizione resta tuttora imprecisata grazie al boicottaggio ed alle pressioni lecite e meno lecite operate dalla Solvay e dalle istituzioni ad essa legate a doppio filo su ogni tentativo di verità. Poveri bagnanti allora, che si immergono da anni spensieratamente in un fluido che è ben lontano da rappresentare l'ideale dell'acqua di mare! Ebbene la mia famiglia ha origini remote, ma il territorio di riferimento è Castiglioncello, quell'ex piccolo paese di pescatori arroccato sugli scogli a nord di Rosignano, oggi meta turistica ambita dalle masse, non si capisce bene perchè, dato che non possiede spiagge più grandi di un campo di calcetto. Da piccoli, qualche rara volta i genitori ci portavano a fare il bagno alle spiagge bianche, un'avventura esotica che comunque non ci lasciava troppo impressionati. C'era qualcosa di strano in quel luogo: cresciuti nel sano mare di scoglio, avvezzi a immersioni insicure, a ricche cacce subacquee estenuanti e provvisti di solide conoscenze empiriche del mondo costiero e marino, restavamo perplessi al riscontro del deserto biologico che ci si presentava quando, maschera e pinne, esploravamo i fondali: nè pesci nè piante marine, mai. Questo fatto bastava a tenerci lontani da quel mondo malato. Oggi i controlli, nonostante i trucchi e le omissioni, sono sicuramente più accurati e l'inquinamento è stato senz'altro ridotto, e nonostante questo guardate che bel panorama si presenta dal cielo. Venti, trenta, cinquanta anni fa, quando non si sapeva nemmeno cosa fosse l'inquinamento, pensate a quali ancor più orribili composti chimici si mescolavano a quel mare, molti dei quali ancora giacciono sui fondali, subdoli ed indistruttibili. Insomma un vero sito postmoderno, che, come tutti i suoi simili, presenta un alto grado di pericolosità. Il turismo estremo esiste e rappresenta anche una voce economica importante. Le spiagge bianche sono un sito di archeologia industriale di grande rilevanza turistica. Visitatele pure ma andateci convenientemente abbigliati e non bagnatevi in quelle acque, casomai prelevatene un campione da far analizzare in un laboratorio privato.

news.nettaridibacco.it/marzo2004/turismo1.htm

Cara dolce preferita fabbrica ad alto rischio tra le tante della mia infanzia. Pensate che fu il nonno materno che progettò alcune delle sue strutture. Il babbo invece era un "uomo del ferro" in quegli anni nei quali le miniere dell'Elba sfornavano minerali bellissimi ma forse economicamente poco utili e non c'erano filtri per le polveri e si respirava limatura di ferro intorno alle aree siderurgiche. Fabbriche "nere". Niente polveri dalla Solvay, solo liquami in mare. Dalla collina dove abitavo vedevo la fabbrica "bianca" di soppiatto, da lontano, tra le aperture della siepe e tra le fronde dei pini domestici delle campagne intorno. Bianca; il bianco è un colore rassicurante. Tutte le mattine estive le nonna ci portava in spiaggia: orari rigorosi: dalle 8 alle 10,30. Poi, noi bimbetti, al riparo dal sole cocente nelle mura domestiche; e dalla spiaggia di ciottolini, e dalla dolce scogliera scolpita dall'uomo chissà quando, che era l'ingresso alla grande piscina blu del mar Tirreno, i nostri infantili occhi si posavano intimoriti dall'altra parte della larga baia, su quella fabbrica, già presto odiata per la sua intrusione volgare nella nostra terra benedetta. Nel 1900 Rosignano Marittimo - Comune comprendente varie frazioni tra le quali Castiglioncello - era un paese agricolo a forte vocazione turistica; ad inizio secolo scorso la Solvay ha colonizzato questo territorio importando manodopera da ogni parte d'Europa e costruendo un villaggio a ridosso dei suoi impianti, a ridosso della costa (dove insisteva qualche sparuta struttura agricola), per ospitare questi lavoratori immigrati. All'inizio, nessun indotto, raro l'utilizzo di manodopera locale (forse perché i locali erano tutti impegnati altrove), un organigramma aziendale che in fasi intermedie poteva comprendere un rampollo di buona famiglia locale, ma sostanzialmente solo forza lavoro proveniente da altre zone. Non dava molta noia, a quei tempi la fiducia sull'industrialismo era cieca. Ben presto però anche i figli dei pescatori e dei commercianti del luogo cominciarono a pensare alla fabbrica come sbocco economico e miglioramento delle condizioni di vita, (e qui ci andrebbe un punto interrogativo:?) e la Solvay non aspettava altro. In un cinquantennio di attività discreta e silenziosa ha conquistato il controllo sull'intera società territoriale, di lì breve, al potere magico della "bianca e spettrale signora della spiaggia accanto" si potevano opporre solo pochi folli emarginati, tra cui sicuramente io. Il sostegno alla fabbrica di tutti i "poteri forti" della società locale, derivata da quell'innesto dei primi del '900, era assoluto, anche dopo che si incominciarono a scoprire le magagne; e tale sostegno è continuato anche a seguito alle ripetute ristrutturazioni operate dalla multinazionale proprietaria che ha ridotto geometricamente l'utilizzo di forza lavoro umana ed invaso ancor più il territorio.
Ad ogni trattativa, invece di ottenere benefici in cambio di sacrifici, si spacciavano ulteriori concessioni alla fabbrica per "accordi raggiunti per il beneficio della collettività rappresentata". Il sostegno alla fabbrica si estendeva a categorie teoricamente indipendenti, come la stampa quotidiana e i media locali, attenti a non far mai accellerare un processo di dismissione che facesse precipitare le trattative favorevoli al colosso belga. La potente scuola quadri locali del PCI, operaia da due o tre generazioni, garantiva inoltre, oltre che sindaci implacabili, anche un'efficace copertura d'intelligence su ogni espressione di dissenso che si fosse manifestata e che fosse in grado di agire politicamente, quindi elettoralmente. Gli ambientalisti autoctoni sono stati sgominati dalla scuola quadri di d'Alema dopo che comunque erano riusciti a far arrivare la nave Syrius di Greenpeace a tappare il fosso maledetto, e a combinare un paio di suggestive e partecipatissime manifestazioni in città. Per non parlare poi del quasi 5% di voti verdi alle elezioni del 1990. Ma questa è un'altra storia. La stampa dunque. Una dozzina di anni fa ero un poco umile cronista nella redazione locale di un quotidiano nazionale, il Tirreno, gruppo Monti poi Repubblica. Scrivevo di sport ed ogni tanto di cronaca sulle pagine locali e qualche domenica riuscivo a piazzare un pezzo sull'ambiente anche nelle pagine nazionali. Ero reduce da un'esperienza con il vecchio glorioso e scomparso paese sera, per il quale ero salito a fare un reportage sulla prima nave dei veleni che fece scalpore: la Deep Sea Carrier. Al Tirreno credo di aver portato quel pizzico di spirito critico che poi ha inquinato gli odierni giornalisti della redazione. Mi astenevo da scrivere di politica ambientale su quelle pagine, ero troppo coinvolto e dunque avrei mancato di obbiettività cercando di portare i lettori locali verso la mia causa ecologista. Ma sui tabloid internazionali era un'altra faccenda. Scrivevo qualche articolo per Frigidaire, secondo periodo (erano rimasti Inox Sparagna e Flipper Scòzzari). Gli mandai un pezzo sul rinvenimento di rifiuti tossici nocivi sotterrati clandestinamente sotto la spiaggia con evidenti responsabilità della Solvay, il tutto spietatamente fotografato da un nostro agente.
Titoli, sottotitoli e aggiunte che Sparagna, direttore del mensile, diede al pezzo, non furono approvati da me, anzi smentiti, ma lo Sparagna se ne fregò altamente, così com'era solito fare. Da quel giorno l'ho mandato al diavolo. Il malcostume giornalistico di intervenire sui pezzi degli altri aggiungendo o tagliando frasi e parole è molto diffuso nella stampa d'elite. Non so bene se è stato Sparagna o Scòzzari a farcire il mio pezzo di parolacce e frasi demenziali, ma ho considerato questa intrusione indebita come una gravissima cosa. A questo proposito ricordo un exploit del 1999: Il quotidiano "La Repubblica" mi richiese un articolo sull'olio extravergine d'oliva. Mandai il pezzo e dopo qualche giorno me lo vidi pubblicato; soltanto che non era il mio. Era un insulso e piatto articolo di qualcun'altro con la mia firma apposta. Restai scandalizzato e non mandai altro a quello che date le circostanze, ero stato portato velleitariamente a considerare "un branco di giornalisti inetti e raccomandati, schiavi di caporedattori prezzolati e velinisti di regime fasullo". Per tornare a bomba, riporto integralmente nelle prossime pagine l'originale dell'articolo di Frigidaire, così come è uscito dalla mia macchina da scrivere.
Dopo l'uscita del pezzo nelle edicole, il facente funzioni di caporedattore della sede locale del Tirreno, vicinissimo all'Amministrazione pubblica, mi invitò a non farmi più vedere in redazione. Coincidenza? Direi di no, dato che riesco a riconoscere la propaganda. Avevo messo il coltello nella piaga segreta. Potevo fare causa ma francamente non amo questo tipo di contrattazioni. Orbene da quel momento non fui più un cittadino gradito alle autorità locali e dato che in giovanissima età mi ero macchiato del tentato furto pasquale di una cotoletta d'agnello alla coop, la recidività del mio comportamento asociale e poco "comunista" determinò il mio esilio. Addio colli sorgenti dal mare e ciminiere elevate al cielo, qui non mi vogliono più. Da poco lontano però seguo ancora l'azione di quei pochi intrepidi che ancora osano sfidare la Solvay. Dissociandomi dalle azioni criminose di giovani gruppi di teste dure, approvo l'impegno con il quale si sta cercando di quantificare i danni al sistema idrico e di falda e i guadagni dello "spettro bianco" nell'utilizzo centenario e gratuito delle ricchissime risorse del mio territorio natale, e che riguardano anche l'intero bacino del fiume Cecina. Anche da lontano, la mia lotta al terrorismo industriale continua.

http://news.nettaridibacco.it/marzo2004/turismo2.htm

giovedì 21 aprile 2011

VARIANTE FORNOLA - RESSORA






Nelle immagini potete prendere visione di parte del contesto in cui si svilupperà la variante Fornola - Ressora. Si tratta di una viabilità di collegamento tra il doppio svincolo di Fornola ( che verrà realizzato da Anas-costo 30 milioni di euro ) e l' Aurelia Nord a valle dell' abitato di Ressora e precisamente all' altezza del nuovo distributore Tamoil.






Il tracciato disterà in alcuni punti, non più di 60-70 metri dal fiume Magra e ricadrà in aree contigue al Parco di Montemarcello. Con buona probabilità avrà una larghezza di almeno 10 metri dovendovi transitare prevalentemente mezzi pesanti: specialmente gli autotremi che trasportano containers da e per il Porto della Spezia.

Entrare o uscire al casello di Battifollo consente ai conducenti di risparmiare ma ciò comporta di transitare su strade molto trafficate come lo sono l' Aurelia Arcolana o la Variante Cisa. Quando potranno usufruire del doppio svincolo di Fornola e della nuova Variante ( finanziata coi fondi FAS) i TIR si riverseranno tutti nella Piana di Arcola.



Ultima versione dello svincolo di Fornola

Non ci vuole molto a comprendere che questo scenario costituirà un colpo durissimo per questa parte della vallata del Magra dove sicuramente avranno luogo nuove cementificazioni.

mercoledì 20 aprile 2011



La posizione dell' assessore Buttiglioni ricalca quella del manager della Marinella spa Reverberi



Assessore Buttiglioni: se una parte sociale si siede ad un tavolo dove gli viene proposto un progetto non sta partecipando un procedimento di VAS ma di VIA.

In sostanza dici: i cittadini avranno l' ultima parola sui PUO della Fattoria di Marinella e sui poli nautici di Ameglia. Ma se i PUO contengono già cemento e darsene, così come previsto dal Masterplan, i cittadini non parteciparanno alla pianificazione delle aree interessate ma verranno posti dinanzi al fatto compiuto: potranno al massimo presentare un progetto alternativo che sicuramente verrebbe respinto o accolto in minima parte.

Sarà il caso di mettere in chiaro le cose sin da ora ... per fortuna c' è un ricorso ..

giovedì 14 aprile 2011

Mappa inceneritori in Italia - Le mappe di Educambiente

Mappa inceneritori in Italia - Le mappe di Educambiente

PROBLEMA RIFIUTI - IMPRESSIONI DOPO L' INCONTRO CON IL PRESIDENTE GARBINI



L' ACS comunica che il giorno 20 aprile ore 15:00 Comitati ed Associazioni incontreranno nuovamente il Pres. Fiasella per discutere su alcune problematiche emerse dopo il colloquio di ieri 13 aprile con il Pres. Acam Garbini presso gli uffici di Saliceti.

Vediamole:

- entro il 15 giugno p.v. deve partire il secondo step del porta a porta ( da ora in poi PaP ) che interesserà i quartieri di Canaletto - Migliarina - Mazzetta coinvolgendo altri 15 mila abitanti circa. Vi è bisogno di altri 16 operatori che Acam dovrà dirottare da altre mansioni alle attività legate al PaP. Non sono al momento reperibili .. i Sindacati si oppongono a questo tipo di trasferimenti.
- Non vi sono fondi per l' acquisto dei mini compattatori da impiegare nei comprensori dove viene o verrà praticato il PaP

Allo stato sono queste le difficoltà più immediate da affrontare per evitare il fallimento di quanto stabilito nell' accordo Conai / Comune / Acam Ambiente.



foto scattata al Termo l' 11.4.2011

La tracciabilità resta al momento uno strumento fantascientifico, l' obiettivo di una raccolta differenziata al 65% su scala provinciale con l' estensione del PaP a tutto il territorio entro il 31 .12. 2012 praticamente impensabile. Difficile se non impossibile intercettare tutto l' organico prodotto in Provincia. Pertanto la produzione di FOS e i relativi conferimenti in discarica proseguiranno oltre il 31.12.2012.

Viene confermata l' intenzione di utilizzare la discarica di Saturnia nella "volumetria ampia" stabilita oltrecchè dal piano rifiuti e da quello regionale anche dal cosiddetto memorandum Acam - Hera, in pratica la Regione acquisterebbe il sito solo se vi sarà la possibilità di ammortare le spese ( si stima 4 milioni di euro ).

I Comitati Spezzini sosterranno le Comunità nella lotta contro quest' ultima ipotesi ma si opporranno anche allo scenario di trasformare l' area in cui essa ricade, in un campo da golf con strutture ricettive dedicate.

Saturnia può essere utilizzata solo nella parte più profonda per conferimenti di FOS certificata( da laboratori scelti da Comitati ed Associazioni ) miscelata con terra vergine alle seguenti condizioni:

1. dopo essere stata caratterizzata e bonificata a spese del privato inquinatore
2. se verranno messi a bilancio i fondi per l'estensione del PaP all' intero
territorio provinciale
3. se verrà acquistata dalla Regione

Durante l' ultimo incontro con il Pres. Garbini non vi è stato il tempo per richiedere informazioni relative ai mesi novembre/ aprile riguardanti il PaP in essere nel Levante Spezzino. Contiamo di conoscere quanto prima i dati dell' effettiva quantità di materiale riciclato rispetto a quella ritirata.

mercoledì 6 aprile 2011

RICORSO SUL PRP DI WWF-ITALIANOSTRA-VAS




ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LIGURIA


RICORSO dal COMITATO PER LA SALVAGUARDIA E LO SVILUPPO DEL GOLFO DEI POETI, con sede alla Spezia, Via Chiodo n. 125, in persona dei suoi legali rappresentanti On. Dott. ENRICO FERRI, nato alla Spezia il 17.02.1942, residente in Pontremoli, Via Tellini n. 26, Cod. Fisc.: FRR NRC 42B17 E463M e Dott. ENRICO SCHIFFINI, nato alla Spezia il 21.02.1942, ivi residente in Viale Mazzini n. 21, Cod. Fisc.: SCH NRC 42B21 E463P; e delle Onlus ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE - WWF, con sede in Roma, Via Po n. 25/c, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore Arch. Fulco Pratesi e "ITALIA NOSTRA", con sede in Roma, Via Porpora n. 22, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, On. Carlo Ripa di Meana, della Onlus ASSOCIAZIONE VERDI AMBIENTE E SOCIETA' - V.A.S., riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente con decreto del 29 marzo 1994, con sede in Roma, Via Flaminia, n. 53, in persona del legale rappresentante pro tempore Sen. Guido Pollice, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Daniele Granara, ed elettivamente domiciliati nel suo studio in Genova, Via Bartolomeo Bosco n. 31/4, giusta mandati a margine del presente atto,
contro
Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro in carica;
Ministero delle Infrastrutture, in persona del Ministro in carica;
Ministero dei Trasporti, in persona del Ministro in carica;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica;
Autorità Portuale della Spezia in persona del Presidente in carica;
Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica;
Comune di Portovenere, in persona del Sindaco in carica,
per l’annullamento, previa sospensione
della Deliberazione del Consiglio Regionale n. 45 del 19.12.2006, pubblicata sul B.U.R.L., Parte II, del 17.01.20007,
avente ad oggetto
approvazione del “Piano regolatore del porto di La Spezia ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge 28 gennaio 1994 n. 84 (riordino della legislazione in materia portuale) e dell’articolo 1 della legge regionale 12 marzo 2004 n. 9 (procedure per l’approvazione regionale dei piani regolatori portuali e dei progetti di interventi negli ambiti portuali)”,
e per l’annullamento, previa sospensione
di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso, ed in particolare:
- della Deliberazione dell’Autorità Portuale della Spezia n. 24 del 13 luglio 2001 di adozione dello schema del nuovo Piano regolatore portuale;
- della Deliberazione del Consiglio Comunale della Spezia n. 42 del 12 novembre 2001 di approvazione dell’intesa;
- della Deliberazione del Consiglio Comunale di Portovenere n. 48 del 18 novembre 2001 di approvazione dell’intesa;
- del voto del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici n. 259 del 24 ottobre 2003 recante parere favorevole con prescrizioni e raccomandazioni all’approvazione del Piano regolatore portuale;
- delle Deliberazioni della Giunta Regionale n. 648 del 25 giugno 2004 e n. 1566 del 17 dicembre 2004 recanti parere interlocutorio e parere favorevole con prescrizioni nella procedura di impatto ambientale nazionale;
- del relativo parere del Comitato Tecnico Regionale per il Territorio in Adunanza Plenaria 2 dicembre 2004;
- del Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro per i Beni e le Attività Culturali n. 317 dell’11 aprile 2006, di pronuncia di compatibilità ambientale favorevole, con prescrizioni e riserve;
- del parere reso dal Comitato Tecnico Regionale per il Territorio, in adunanza generale, con Voto n. 44 nelle sedute del 13 luglio e 10 ottobre 2006;
- della proposta di Deliberazione della Giunta Regionale n. 33 dell’11 ottobre 2006,
nonché per l'annullamento
di ogni atto preparatorio, presupposto, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso.
* * *
PREMESSE IN FATTO
Il Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti è sorto alla Spezia, su iniziativa dell'On. Enrico Ferri e del Dott. Enrico Schiffini, per promuovere la tutela dell'ambiente e del paesaggio, di altissimo pregio, del Golfo dei Poeti, noto in tutto il mondo per la sua particolare bellezza e l'amenità delle sue caratteristiche insenature, che da Lerici e Portovenere costituiscono un quadro paesistico e naturalistico di speciale suggestione.
L'Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature è ente morale riconosciuto con D.P.R. 4 aprile 1974, n. 493, che in armonia con la missione del WWF internazionale, cui è affiliato, si propone per l'Italia la conservazione della natura e dei processi ecologici e la tutela dell'ambiente ed è legittimata ai sensi degli artt. 13 e 18 della Legge 8 luglio 1986, n. 349 .
L'Onlus "Italia Nostra" è associazione riconosciuta a carattere nazionale, con il fine di tutelare i valori paesistici, ambientali, architettonici, storici e culturali del Paese ed è legittimata ai sensi degli artt. 13 e 18 della Legge 8 luglio 1986, n. 349.
Verdi Ambiente e Società - V.A.S. è associazione riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente con D.M 29.03.1994, a carattere nazionale, con il fine di tutelare i valori paesistici, ambientali, architettonici, storici e culturali del Paese.
Il Golfo dei Poeti rientra anche nella riserva internazionale di cui all'accordo relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini, intervenuto a Roma il 25 novembre 1999 e ratificato con Legge 11 ottobre 2001 n. 391.
In ragione della loro sensibilità, i ricorrenti, da oltre cinque anni, hanno criticamente osservato, incontrando peraltro molti ostacoli, l'azione intrapresa dall'Autorità Portuale della Spezia per ottenere l'autorizzazione al dragaggio di sedimenti nel Porto (finalizzato a far entrare nel Porto della Spezia mega navi porta - containers), che, se realizzato, avrebbe l'effetto di snaturare l'ecosistema e il paesaggio del Golfo, arrecando allo stesso gravissimi danni, azione alla quale hanno manifestato in diverse sedi, anche giurisdizionale amministrativa, ferma e motivata opposizione.
Il Comitato per lo Sviluppo e la Salvaguardia del Golfo dei Poeti e l’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature proponevano pertanto in data 19.03.2003 ricorso R.G.R. n. 438/2003 all'Ecc.mo Tribunale Amministrativo per ottenere l'annullamento, previa sospensione:
a) di tutte le Deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi convocata in seduta deliberante presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio in data 30 dicembre 2002, aventi ad oggetto approvazione di progetti relativi a:
- interventi di messa in sicurezza d'emergenza da adottarsi nell'intervento di dragaggio del canale di accesso al Porto della Spezia (punto 2 all'ordine del giorno);
- vasca di colmata del Molo Garibaldi - Risultanze caratterizzazione sedimenti (punto 3 all'ordine del giorno);
- caratterizzazione fisica e microbiologica dei sedimenti del Molo Fornelli e Bacino di Evoluzione e relativo progetto di dragaggio;
b) di tutte le Deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio in data 25 febbraio 2003, aventi ad oggetto l'esame della documentazione relativa ad interventi di dragaggio negli specchi acquei antistanti il terminal Ravano a servizio del Porto mercantile della Spezia, trasmessa dall'Autorità Portuale della Spezia con nota del 14.02.2003, prot. n. 550;
c) di ogni atto preparatorio, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso, assunto anche in sede di Conferenze istruttorie (o eventualmente decisorie) del 6.08.2002 e 13.11.2002.
L'Ecc.mo Tribunale, con ordinanza n. 207 del 17.04.2003, accoglieva la proposta domanda incidentale di sospensione, "atteso che sussiste il pregiudizio grave ed irreparabile allegato dai ricorrenti ed avuto riguardo al fatto che ad un primo esame in base allo stato degli atti, i profili di censura dedotti con il primo motivo (relativo alla violazione della vigente normativa in materia di bonifica di siti ad alto rischio ambientale), nonché con il quarto e quinto motivo (relativi alla violazione della vigente normativa in materia di V.I.A.) inducono ad una ragionevole previsione di accoglimento del proposto gravame".
L'ordinanza cautelare era poi confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con ordinanza 8 luglio 2003 n. 2917.
Quindi, nei primi giorni di agosto 2003, il Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti riceveva in allegato a nota del Dirigente Generale della Direzione per la Gestione dei Rifiuti e per le Bonifiche del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio in data 30.06.2003, prot. n. 6482/RiBo/Di/B, “bozza del verbale della riunione della Conferenza di Servizi svoltasi a Roma l'8/04/2003, con preghiera di voler precisare, ove necessario, i contenuti dell'eventuale intervento effettuato nel corso della riunione" dandone comunicazione all'Ufficio entro dieci giorni.
In detto verbale, il Direttore Generale Dott. Gianfranco Mascazzini richiamava il contenuto della Conferenza dei Servizi del 25 febbraio 2003, che aveva “evidenziato la necessità che fossero fornite informazioni e dati integrativi al fine di verificare che le attività di dragaggio previste dall'Autorità Portuale della Spezia per la rimozione dei sedimenti dei fondali antistanti il Terminal Ravano non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento o una diffusione dell'inquinamento".
Riferiva poi che la documentazione integrativa presentata dall'Autorità Portuale avrebbe accolto “le prescrizioni formulate dalla medesima Conferenza ivi compresa quella relativa alla presentazione di un Piano di monitoraggio delle attività di dragaggio in questione”.
Tale piano, elaborato dall'ICRAM (Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare), era illustrato dall'Ing. Mumelter del medesimo Istituto, che però riferiva di un piano relativo agli “interventi di dragaggio del terzo bacino evoluzione antistante il Molo Fornelli e del canale di accesso al porto della Spezia” e non degli specchi acquei antistanti il terminal Ravano.
Il Presidente del Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti on. Enrico Ferri ribadiva "come l'iter procedurale relativo al dragaggio dell'area marina antistante il Terminal Ravano sia da considerare anomalo in quanto il progetto, elaborato nel 1997, prima della perimetrazione del sito di Pitelli, non tiene conto della normativa sulle bonifiche emanata successivamente, evidenziando che le attività di dragaggio sono finalizzate all'accesso al Terminal Ravano di navi con stazza superiore rispetto a quelle cui è attualmente possibile l'accesso, e non da ragioni di carattere ambientale. Ritiene che il progetto prima dell'approvazione debba essere sottoposto alla Valutazione di Impatto Ambientale; in assenza di detta valutazione ritiene che l'approvazione sarebbe da considerare illegittima. Si riserva pertanto di proporre ricorso amministrativo nell'ipotesi in cui la Conferenza di servizi dovesse deliberare l'approvazione delle attività di dragaggio previste dall'Autorità portuale".
Nonostante la chiarezza di tale posizione, la Conferenza, dopo sommaria discussione, in cui il rappresentante dell'Associazione ambientalista Legambiente esponeva ulteriori criticità e l'Autorità portuale dichiarava di che avrebbe prestato "idonea polizza fideiussoria a garanzia del risarcimento di eventuali danni ambientali causati dalle attività di dragaggio", il verbale concludeva, sul punto, che "i partecipanti alla Conferenza di servizi ritengono che le operazioni di dragaggio previste negli specchi acquei antistanti il Terminal Ravano a servizio del Porto mercantile della Spezia, di cui ai documenti presentati dall'Autorità portuale, non pregiudichino le successive attività di bonifica del sito e non comportino un aumento o una diffusione dell'inquinamento nell'area marina interessata dalle attività di dragaggio".
Pertanto, attesa l'evidente ed intrinseca erroneità di tale verbale in ordine alla posizione del Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, i rappresentanti di quest'ultimo, con lettera raccomandata spedita il 5.08.2003 alla Direzione Ri.Bo del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, ribadivano il loro dissenso e chiedevano la corrispondente rettifica del verbale.
La predetta deliberazione assunta dalla Conferenza dei Servizi del 8.04.2003 era già oggetto di impugnazione con il ricorso principale R.G.R. n. 438/2003, che comprendeva "tutte le Deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio in data 25 febbraio 2003", avente ad oggetto "esame della documentazione relativa ad interventi di dragaggio negli specchi acquei antistanti il terminal Ravano a servizio del Porto mercantile della Spezia trasmessa dall'Autorità Portuale della Spezia con nota del 14.02.2003, prot. n. 550", nonché "ogni atto preparatorio, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cognito e non, nessuno escluso".
Tuttavia, vista la contestazione sul punto dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato, per mero tuziorismo, avverso tale Deliberazione, siccome illegittima, ingiusta, dannosa e pregiudizievole per l'ambiente, l'ecosistema e il paesaggio del Golfo dei Poeti, così come avverso la predetta Deliberazione assunta nella Conferenza di Servizi del 30.09.2003 relativa a "progetto di bonifica con misure di sicurezza dell'area marina destinata alla realizzazione del banchinamento del Molo Garibaldi nel Porto della Spezia, trasmesso dall'Autorità Portuale della Spezia con nota prot. n. 2458 del 28/07/2003 ed acquisito dal Ministero dell'Ambiente e T.T. con nota Prot. n. 7849/RIBO/B del 1°/08/2003", i ricorrenti si rivolgevano all’Ecc.mo Tribunale, per ottenerne il riparatorio annullamento, proponendo, anche ai sensi dell'art. 1 della Legge 22 luglio 2000, n. 205, motivi aggiunti in data 7.11.2003.
* * *
II
Con la nota sentenza 18 marzo 2004 n. 276, l'Ecc.mo Tribunale, ritenuto il ricorso fondato sotto gli assorbenti profili di censura dedotti con il primo, secondo e quinto mezzo di gravame, nonché col primo motivo aggiunto, lo accoglieva e per l'effetto annullava i provvedimenti impugnati.
Interposti distinti appelli da parte dell'Autorità Portuale della Spezia, dell'intervenuta ad opponendum La Spezia Container Terminal S.p.a. e dei Ministeri intimati, il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la decisione 19 gennaio 2005 n. 94, li accoglieva unitamente agli appelli incidentali proposti dalla Regione Liguria e dalla medesima La Spezia Container Terminal S.p.a., sulla considerazione che "gli atti impugnati in primo grado, non assumendo per sé soli carattere autonomamente lesivo, in quanto a connotazione endoprocedimentale, non sono autonomamente impugnabili: potranno essere impugnati solo in uno all'atto destinato a concludere il procedimento, qualora vengano fatti propri dalla Autorità portuale cui compete la definizione del procedimento avviato, ma non ancora concluso".
Riteneva infatti che "nell'ambito di un procedimento così concepito, gli atti delle Conferenze di servizi assumono natura non certo provvedimentale, non potendo al riguardo assumere alcun rilievo la qualificazione solo formale che della Conferenza è stata data quale istruttoria o decisoria" e "non autorizzano l'esecuzione dei lavori, per la quale è invece necessaria la positiva definizione dell'iter procedimentale".
Precisava infine che "l'accoglimento della illustrata censura di inammissibilità non consente al Collegio di vagliare i profili di merito involti nella vicenda".
* * *
IV
Sennonché, il Comitato e l'Associazione ambientalisti ricorrenti avevano notizia di una deliberazione n. 42/2005 del 14.04.2005, con la quale il Dott. Giorgio S. Bucchioni, Presidente dell'Autorità Portuale della Spezia, ripercorso l'iter, anche giudiziario, della vicenda, considerato che "in data 15.03.2005 il Ministero dell'Ambiente, in apposita Conferenza dei Servizi, ha presentato il Piano Preliminare di Bonifica del golfo della Spezia dal quale risulta che i sedimenti del porto commerciale, essendo stato precedentemente dragato per il mantenimento dei fondali, ha limiti di inquinamento rientranti all'interno dei valori stabiliti dalla normativa di legge, e in particolare di quelli previsti dal D.M. n. 471/98 come adattato" (sic!), e che "nell'ottica della coerenza comunque e del dovuto raccordo tra le diverse discipline, l'art. 11 del succitato DPR 471/99 prevede la bonifica a lotti dopo la predisposizione del progetto preliminare di bonifica", considerato altresì che il progetto di dragaggio dei fondali antistanti il banchinamento Ravano, fino ad una profondità di mt. 13,5, è stato sottoposto al visto del Genio Civile OO.MM. ed è stato approvato con prescrizioni dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, 3^ Sezione, nella seduta del 16 marzo 2005, unitamente ad un "piano di monitoraggio prima, durante e dopo le attività di dragaggio - in coerenza con le prescrizioni indicate dal Ministero dell'Ambiente - da eseguirsi con l'ausilio delle strutture di ICRAM, ISS, ARPAL, AUSL, IZS il cui impegno economico è già stato autorizzato", rilevato che dall'indagine della "Fondazione Marenostrum" (prescritta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria prot. n. 647/4202/4 del 26.01.2005) non sono emerse tipologie particolari di rischio archeologico e "ritenuto indispensabile realizzare l'approfondimento dei fondali della banchina Ravano per rendere operativa la stessa a fronte dell'elevato investimento sostenuto dallo Stato e delle necessità della programmazione e sviluppo portuale", deliberava la realizzazione del dragaggio degli specchi acquei antistanti la banchina Ravano, l'approvazione del progetto di dragaggio redatto dall'Autorità Portuale ed il relativo piano economico pari ad Euro 17.868.320,00 e "l'espletamento di gara pubblica in forma di licitazione privata ai sensi della normativa di legge (109/94 e s.m. e relativi regolamenti) per l'importo a base di gara di Euro 16.715.159,00", con onere a integrale carico del capitolo 39/3 del bilancio 2005 dell'Autorità Portuale "in corso di approvazione".
Trattandosi di atto manifestamente illegittimo, ingiusto, dannoso, sotto ogni profilo, e pregiudizievole per l'ambiente, l'ecosistema e il paesaggio del Golfo dei Poeti, così come gli atti preparatori, inerenti, conseguenti e/o connessi, il Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti e l'Associazione Italiana per il WORLD WIDE FUND for NATURE - WWF erano costretti a rivolgersi nuovamente all’Ecc.mo Tribunale, per ottenerne il riparatorio annullamento, previa sospensione cautelare.
Sennonché, in vista dell’udienza di sospensiva, fissata per il 16 giugno 2005, con Deliberazione n. 58/05 del 14.06.2005, depositata in giudizio il giorno successivo, il nuovo Presidente dell’Autorità Portuale della Spezia, ritenuto che l’impugnata Delibera n. 42/05 in data 14.04.2005, “ha indicato come sistema di copertura dell’onere finanziario la apposizione della spesa a carico del bilancio dell’Autorità portuale in corso di approvazione” e “per contro la spesa in oggetto trova copertura finanziaria mediante altro diverso mezzo”, revocava in via di autotutela la deliberazione medesima.
V
Successivamente, nell’agosto 2005, il Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti ha ricevuto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio il verbale di Conferenza di Servizi convocata presso il medesimo Ministero per il 25 luglio 2005, “ai sensi dell’art. 14, comma 2, della Legge 241/90, e sue successive modificazioni e integrazioni, per acquisire le intese e i concerti previsti dall’art. 17 D. Lgs. 22/97 e dall’art. 15 D.M. 471/99 in materia di approvazione dei progetti di bonifica concernente l’intervento d’interesse nazionale di Pitelli”.
Alla Conferenza partecipavano il Dott. Mascazzini, Direttore Generale della Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e la Regione Liguria nella persona della Dott. Gabriella Minervini, mentre restavano assenti i rappresentanti dei Ministeri delle Attività Produttive e della Salute, pur convocati.
Il Direttore Generale esponeva che la Conferenza di Servizi istruttoria del 15 marzo 2005 “aveva ritenuto approvabile il Progetto preliminare di bonifica dell’area marina inclusa nella perimetrazione del sito di bonifica di interesse nazionale di Pitelli trasmesso da ICRAM con propria nota del 25 febbraio 2005 con protocollo n. 1556/05”, ma che successivamente l’ICRAM aveva trasmesso un aggiornamento di tale progetto con nota in data 31.03.2005 prot. n. 2668/05 e la Conferenza di Servizi decisoria del 28 aprile 2005 “aveva preso atto del citato aggiornamento e, su proposta della Regione Liguria, aveva rinviato l’approvazione di detto Progetto preliminare in questione”.
Allegata a verbale nota consegnata dalla Dott. Minervini, la Conferenza, pur non essendo all’ordine del giorno, deliberava di approvare il predetto aggiornato progetto preliminare di bonifica dell’area marina inclusa nella perimetrazione del sito di bonifica di interesse nazionale di Pitelli (rif. ICRAM doc. BoI-Pr-LI-P-02.16) trasmesso dall’ICRAM con nota prot. 2668/05 del 31.03.2005 ed acquisito dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio al prot. n. 6655/QdV/DI del 5.04.2005.
Dipoi, relativamente al secondo punto all’ordine del giorno, il Dott. Mascazzini, richiamata ignota Conferenza istruttoria svoltasi nella medesima data del 25.07.2005, che avrebbe esaminato i relativi elaborati progettuali, ricordava che la Conferenza di Servizi decisoria del 28.04.2005 aveva deliberato di rimuovere quale misura di messa in sicurezza di emergenza, per tutto lo spessore indagato, i volumi di sedimento le cui concentrazioni dei contaminanti sono risultati superioriai valori di concentrazione limite indicati nella colonna B della tabella 1 dell’allegato 1 del D.M. n. 471/1999 (sedimenti colorati in rosso nella cartografia ICRAM) e di procedere, successivamente alla messa in sicurezza di emergenza, alla bonifica dei volumi colorati in arancione e in giallo nella predetta cartografia, in attuazione degli obiettivi stabiliti dalla Direttiva Comunitaria n. 2000/60.
Ricordava inoltre che l’Autorità Portuale della Spezia si era fatta carico di procedere all’attuazione di interventi di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica del fondale marino all’interno della quasi totalità del settore settentrionale dell’area marina perimetrata, denominato “area vasta”, che include i fondali antistanti il terminal Ravano, i fondali a radice del Molo Fornelli Est, i fondali del bacino di evoluzione, i fondali del Molo Garibaldi Ovest e i fondali esterni al Molo Garibaldi, i fondali del Molo Italia.
Precisava infine che “i progetti relativi agli interventi sono stati redatti e presentati e saranno attuati per lotti”.
Quindi, con distinte Deliberazioni, la Conferenza di Servizi decisoria, richiamata la Conferenza dei Servizi istruttoria svoltasi nella medesima data del 25.07.2005 che si era espressa in modo identico, dopo aver “preso atto degli interventi di messa in sicurezza di emergenza proposti dall’Autorità Portuale della Spezia consistenti nella asportazione del sedimento “rosso”, con livelli di contaminazione superiori al 90% dei valori limite indicati dall’Allegato 1, Tabella 1, Colonna B, del DM n. 471/99”, “ferme restando le decisioni assunte in materia di messa in sicurezza di emergenza”, deliberava:
a) “di ritenere approvabile il Progetto definitivo di bonifica dei fondali antistanti il Terminal Ravano”;
b) “di ritenere approvabile il Progetto definitivo di bonifica dei fondali a radice del Molo Fornelli Est”;
c) “di ritenere approvabile il Progetto definitivo di bonifica dei fondali del bacino di evoluzione”;
d) “di ritenere approvabile il Progetto definitivo di bonifica dei fondali del molo Italia”;
e) “di ritenere approvabile il Progetto definitivo di bonifica dei fondali esterni al palancolato del molo Garibaldi”;
progetti tutti trasmessi dall’Autorità Portuale della Spezia con nota prot. n. 4766 del 14.07.2005 ed acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio al prot. n. 14409/QdV/DI del 15.07.2005.
L’approvazione dei progetti definitivi di bonifica dei fondali antistanti il Terminal Ravano, di quelli del bacino di evoluzione e di quelli esterni al palancolato del molo Garibaldi era deliberata a condizione che siano osservate dall’Autorità Portuale le seguenti prescrizioni:
“1. trasmettere la planimetria con la delimitazione precisa dell’area, in cui verrà effettuato l’intervento, mediante punti georeferenziati;
2. le modalità di controllo del fondo scavo per la verifica dell’avvenuta bonifica dell’area devono essere concordate con l’Ente di controllo; la maglia utilizzata per tale verifica non deve essere di dimensioni superiori a quella utilizzata per la caratterizzazione dell’area”.
Per la bonifica dei fondali a radice del Molo Fornelli Est, la predetta prima prescrizione era sostituita con quella per cui “qualora venissero dimostrati problemi di stabilità statica delle banchine a causa delle attività di bonifica dei sedimenti, sarà presentato un progetto di bonifica con misure di sicurezza e dovranno essere previste delle limitazioni d’uso dell’area marina interessata”.
f) Relativamente al progetto di bonifica con misure si sicurezza del fondale compreso nel banchinamento del molo Garibaldi Ovest nel Porto mercantile della Spezia, la Conferenza decisoria, sempre dopo aver richiamato gli esiti di quella istruttoria svoltasi in pari data, prendeva semplicemente “atto degli interventi di messa in sicurezza di emergenza proposti dall’Autorità Portuale della Spezia consistenti nella asportazione del sedimento “rosso”, con livelli di contaminazione superiori al 90% dei valori limite indicati dall’Allegato 1, Tabella 1, Colonna B, del DM n. 471/99, che dovrà avvenire secondo le modalità indicate nel documento in oggetto”.
g) Infine, in ordine al progetto definitivo di bonifica con misure di sicurezza del molo ENEL, deliberava “di prendere atto dell’intervento proposto, osservando che non sono necessari interventi di messa in sicurezza d’emergenza nell’area in questione, in quanto le analisi dei sedimenti hanno evidenziato che non ci sono superamenti per gli analiti ricercati del 90 % della Colonna B della Tabella 1, Allegato 1 del D.M. 471/99” e inoltre “di prescrivere al concessionario (ENEL) la rimozione, in regime di messa in sicurezza d’emergenza, dell’area “rossa” (sedimenti con concentrazioni limite superiore al 90% della Colonna B, Tabella 1, Allegati 1 del D.M. 471/99) situata nella parte opposta al molo ENEL e la bonifica fino al raggiungimento dei sedimenti con concentrazioni inferiori ai “valori di intervento” ICRAM”.
Anche avverso le predette Deliberazioni conferenziali, siccome illegittime, ingiuste, dannose e pregiudizievoli per l'ambiente, l'ecosistema e il paesaggio del Golfo dei Poeti, così come gli atti preparatori, inerenti, conseguenti e/o connessi, il Comitato e le Associazioni ambientaliste ricorrenti proponevano in data 24.10.2005 ricorso R.G.R. n. 1112/2005 all’Ecc.mo Tribunale, per ottenerne l’annullamento, previa sospensione cautelare.
Peraltro, in vista dell’udienza di sospensiva, fissata per il 17.11.2005, avendo l’Autorità Portuale della Spezia, oltre che la Regione Liguria, esposto nelle rispettive memorie di costituzione e ribadito a verbale d’udienza che nessuna attività poteva essere intrapresa, mancando l’approvazione ministeriale, l’istanza cautelare era rimessa a data da destinarsi.
VI
Sennonché, i ricorrenti in data successiva al 28.12.2005, hanno avuto conoscenza dei decreti con i quali il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con il Ministro delle Attività Produttive e con il Ministro della Salute, richiamati gli articoli 5, comma 1, 11, 15, commi 4, 5 e 6, del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471; visti l’art. 1, comma 4, della Legge 9 dicembre 1998 n. 426, che individua, tra gli altri, il sito di “Pitelli (La Spezia)” come intervento di bonifica di interesse nazionale; il Decreto del Ministro dell’Ambiente del 10 gennaio 2000 di perimetrazione del predetto sito ed il successivo D.M. del 27 febbraio 2001, che ne ha ampliato la perimetrazione; richiamata la pregressa vicenda giurisdizionale e visti altresì:
- “gli esiti della Conferenza di servizi decisoria del 12 febbraio 2002 che, sulla base dei risultati scaturiti dalla Conferenza di servizi istruttoria dello stesso giorno, ha approvato con prescrizioni il “Progetto preliminare di caratterizzazione ambientale dell’area marino costiera prospiciente il sito di Pitelli” trasmesso da ICRAM con propria nota del 29 gennaio 2002 … così come integrato da un ulteriore progetto di caratterizzazione relativo alle aree sottoposte a progetti di escavo e banchinamento trasmesso da ICRAM con propria nota del 12 febbraio 2002”;
- la D.G.R. della Liguria del 27.12.2002 n. 1707, come integrata con la D.G.R. 7 agosto 2003 n. 1028, “che affida ad ARPAL l’esecuzione dei Piani di caratterizzazione delle aree pubbliche ubicate all’interno del sito di interesse nazionale di “Pitelli”, conformemente ai progetti approvati nella Conferenza dei servizi decisoria del 12 febbraio 2002 e recepisce le intese tra Regione e ARPAL in ordine alla determinazione delle modalità di attuazione per la caratterizzazione del sito di interesse nazionale di “Pitelli”, stabilendo l’esecuzione delle indagini previste dal piano di caratterizzazione per lotti funzionali, individuati suddividendo il sito in bacini omogenei dal punto di vista idrografico, al fine di consentire una rapida restituzione delle informazioni progressivamente raccolte e garantire, conseguentemente, un rapido avvio sia di eventuali interventi di messa in sicurezza d’emergenza sia della predisposizione ed esecuzione dei progetti preliminari e definitivi di bonifica che, altrimenti, potrebbero essere redatti solo a conclusione dell’intera realizzazione del piano di caratterizzazione”;
- gli esiti della Conferenza di servizi decisoria del 24 marzo 2004 che “ha approvato l’aggiornamento del citato “Progetto preliminare di caratterizzazione ambientale dell’area marino – costiera prospiciente il sito di Pitelli” riguardante tutta l’area a mare inclusa nel perimetro del sito di interesse nazionale di “Pitelli”, trasmesso da ICRAM con propria nota del 6 febbraio 2004”;
- i risultati delle analisi trasmessi da Sviluppo Italia Aree Produttive S.P.A. con nota in data 30.12.2004 e quelli trasmessi dall’Autorità Portuale della Spezia con nota 28.12.2004, nonché il documento “Aggiornamenti dei valori di intervento per i sedimenti di aree fortemente antropizzate – Sito di bonifica di interesse nazionale di Pitelli, trasmesso da ICRAM con propria nota 25 febbraio 2005” e i risultati delle analisi effettuate da ARPAL, trasmessi dalla Regione Liguria con propria nota 1°.03.2005;
- l’aggiornamento del “Progetto preliminare di bonifica dell’area marina inclusa nella perimetrazione del sito di bonifica di interesse nazionale di Pitelli” trasmesso da ICRAM con propria nota del 31.03.2005;
- gli esiti della Conferenza di Servizi istruttoria del 15 marzo 2005 e decisoria del 28.04.2005 che ha preso atto dei citati risultati delle analisi e del citato aggiornamento del Progetto preliminare di bonifica;
- gli esiti della Conferenza di Servizi decisoria del 25 luglio 2005, che ha deliberato di approvare il predetto aggiornamento del Progetto preliminare di bonifica e i progetti definitivi sopra illustrati;
- le planimetria delle coordinate geografiche di localizzazione delle aree, trasmesse dall’Autorità Portuale della Spezia,
ed acquisita l’intesa della Regione Liguria, approvava i progetti definitivi sopraindicati con le medesime prescrizioni dettate dalla Conferenza di Servizi del 25 luglio 2005 e autorizzava la realizzazione dei relativi interventi (art. 1), stabiliva la presentazione di un’apposita variante al progetto da sottoporre al procedimento di cui all’art. 15, commi 3 e 4 del D.M. n. 471/1999, “qualora, nel corso dell’intervento, si individuassero ulteriori ed imprevisti volumi di rifiuti con concentrazioni di inquinanti superiori a quelle limite accettabili indicate nei documenti ICRAM” di riferimento (art. 2) e disponeva “a garanzia della corretta esecuzione e del completamento degli interventi come previsti dal Progetto approvato” una fideiussione “per una somma pari al 20% dell’importo dell’intervento stimato”, da prestarsi dall’Autorità Portuale della Spezia a favore della Regione Liguria per tutti gli interventi approvati.
Avverso i predetti Decreti del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro delle Attività Produttive e il Ministro della Salute e le predette Deliberazioni conferenziali, siccome illegittimi, ingiusti, dannosi e pregiudizievoli per l'ambiente, l'ecosistema e il paesaggio del Golfo dei Poeti, così come gli atti preparatori, inerenti, conseguenti e/o connessi, il Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, il W.W.F. e Italia Nostra proponevano ricorso in data 6.02.2006 all’Ecc.mo Tribunale R.G.R. n. 142/2006.
L’Ecc.mo Tribunale sospendeva l’efficacia degli atti impugnati con ordinanza cautelare n. 95/2006, riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 1371/2006.
All’udienza di sospensiva del 23 febbraio 2006, l’Autorità Portuale della Spezia depositava in giudizio atti, con i quali il Presidente della medesima, ripercorsa la vicenda già esposta nei Decreti del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro delle Attività Produttive e con il Ministro della Salute impugnati con l’atto introduttivo, visti “il Decreto interministeriale 16 dicembre 2005 di approvazione del progetto definitivo di bonifica dei fondali antistanti il terminal Ravano” e “il Decreto interministeriale 16 dicembre 2005 di approvazione del progetto definitivo di bonifica dei fondali del bacino di evoluzione”, ritenuto che le condizioni ivi previste (trasmissione di planimetria con delimitazione precisa dell’intervento mediante punti georeferenziati e determinazione delle modalità di controllo del fondo scavo per la verifica dell’avvenuta bonifica dell’area da concordarsi con l’ente competente) erano state adempiute, vista la comunicazione della Regione Liguria prot. n. 1499 del 28.03.2003 – impugnata – secondo cui i lavori di escavo dei fondali non rientrerebbero nella disciplina di V.I.A., considerato altresì che i progetti di dragaggio dei fondali antistanti il banchinamento Ravano e del bacino di evoluzione, sono stati sottoposti al visto del Genio Civile OO.MM. e approvati con prescrizioni dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, 3^ Sezione, rispettivamente nelle sedute del 16 marzo 2005 e del 16 novembre 2006, unitamente ad un "piano di monitoraggio prima, durante e dopo le attività di dragaggio - in coerenza con le suddette prescrizioni - da eseguirsi con l'ausilio delle strutture di ICRAM, ISS, ARPAL, AUSL, IZS il cui impegno economico è già stato autorizzato", considerato che i citati progetti approvati “col Decreto interministeriale 16 dicembre 2005” e quelli approvati dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici “contengono identità di previsioni per quanto riguarda la prima fase afferente la bonifica” e che inoltre “il progetto approvato dal Consiglio Superiore dei LL.PP. prevede altresì e ulteriormente modalità esecutive per la successiva fase di escavo coerenti e tecnicamente identiche a quelle già adottate per la bonifica”, ritenuto infine che in data 26.07.2005, la Commissione Nazionale V.I.A. istituita presso il Ministero dell’Ambiente avrebbe espresso parere favorevole ad un progetto di Piano Regolatore Portuale, asseritamente “comprensivo degli interventi di cui sopra”, deliberava:
- di approvare i progetti definitivi di bonifica della banchina Ravano e del bacino di evoluzione del poro della Spezia;
- di approvare il progetto definitivo di escavo successivo alla bonifica della banchina Ravano, il progetto esecutivo e il relativo piano economico pari ad Euro 17.868.320,00 e "l'espletamento di gara pubblica in forma di licitazione privata ai sensi della normativa di legge (109/94 e s.m. e relativi regolamenti) per l'importo a base di gara di Euro 16.715.159,00, con procedura accelerata, in considerazione dell’utilizzo della banchina Ravano", con onere a integrale carico del capitolo 44 del bilancio 2005 dell'Autorità Portuale;
- di approvare il progetto definitivo di escavo successivo alla bonifica del bacino di evoluzione, il progetto esecutivo e il relativo piano economico pari ad Euro 27.320.000,00 e "l'espletamento di gara pubblica in forma di licitazione privata ai sensi della normativa di legge (109/94 e s.m. e relativi regolamenti) per l'importo a base di gara di Euro 25.925.956,00", con onere a integrale carico del capitolo 44 del bilancio 2005 dell'Autorità Portuale.
Tali atti dell’Autorità Portuale erano impugnati dai ricorrenti con motivi aggiunti nel Ricorso R.G.R. n. 142/2006, proposti in data 06.03.2006 e depositati il 16 successivo.
VII
In sede di definizione del merito dell’impugnazione proposta, l’Ecc.mo Tribunale, con sentenza 13 luglio 2006 n. 828, respingeva il ricorso principale e accoglieva il ricorso proposto nella forma dei motivi aggiunti e per l’effetto annullava gli atti tramite questi impugnati, avendo riconosciuto la fondatezza della censura di incompetenza dell’Autorità portuale “all’approvazione dei progetti di bonifica senza considerazione della interrelazione con le restanti parti e per mancata valutazione dell’art. 11 d.m. 471 cit.” Infatti, “con le delibere 109 e 110 sono stati approvati i due progetti di bonifica suddetti da parte di un soggetto palesemente incompetente, rientrando


Avverso la predetta sentenza proponevano appello l’Autorità Portuale della Spezia (R.G.R. n. 7234/2006) e appello incidentale il Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, l’Associazione Italiana per il W.W.F. e Italia Nostra Onlus.
Il Consiglio di Stato, con ordinanza cautelare n. 4887/06 del 29.09.2006, “ritenuto che risulta prevalente l’interesse pubblico ad evitare l’interruzione, nelle more del giudizio di merito, delle attività di bonifica concordate da tutte le amministrazioni, statali e territoriali, coinvolte nella procedura in esame” sospendeva l’efficacia della sentenza impugnata.
Il giudizio è in attesa della fissazione dell’udienza di discussione del merito.
* * *
VIII
Sennonché, le attività di bonifica (le uniche consentite dalla giurisprudenza cautelare espressa dal Consiglio di Stato nella fattispecie) non sono, ad oggi, neanche iniziate!
Nel contempo, con l’atto impugnato, in epigrafe indicato, il Consiglio Regionale della Liguria, premesso che:
- l’Autorità Portuale della Spezia, con Deliberazione n. 24 del 13 luglio 2001, ha adottato lo schema del nuovo Piano regolatore portuale da sottoporre ai Comuni il cui territorio è ricompresso nel piano medesimo, ai fini del raggiungimento dell’intesa di cui all’art. 5 della Legge n. 84/1994;
- nonostante il diniego dell’intesa espresso dal Comune di Lerici con Deliberazione consiliare n. 80 del 17 dicembre 2001, l’Autorità Portuale con Deliberazione del Comitato Portuale n. 21 del 15 luglio 2002, ha adottato il Piano regolatore portuale, recependo le osservazioni formulate dai Comuni della Spezia (con Deliberazione consiliare n. 42del 12 novembre 2001) e di Portovenere (con Deliberazione consiliare n. 48 del 18 novembre 2001);
- il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, dopo un primo parere interlocutorio in data 28.02.2003, con voto n. 259 del 24 ottobre 2003, ha espresso parere favorevole all’approvazione del Piano regolatore portuale, sebbene con prescrizioni e raccomandazioni;
- la Giunta Regionale, rispettivamente con Deliberazioni n. 648 del 25 giugno 2004 e n. 1566 del 17 dicembre 2004, ha reso parere interlocutorio e parere favorevole con prescrizioni nella procedura di impatto ambientale nazionale, sulla base del relativo parere del Comitato Tecnico Regionale per il Territorio in Adunanza Plenaria 2 dicembre 2004;
- con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio di concerto con il Ministro per i Beni e le Attività Culturali n. 317 dell’11 aprile 2006 è stata espressa la pronuncia di compatibilità ambientale favorevole, con prescrizioni e riserve;
approvava, ai sensi dell’art. 5 della Legge n. 84/1994 e dell’art. 1 della L.R. n. 9/1993, il Piano regolatore del Porto della Spezia, con le prescrizioni, le precisazioni e le riserve indicate nel Voto del Comitato Tecnico Regionale per il Territorio n. 44 del 13 luglio e del 10 ottobre 2006, allegato alla medesima delibera a farne parte integrante e sostanziale.
Il tentativo – per fortuna non riuscito – di effettuare il dragaggio del Golfo dei Poeti, la mancata bonifica del sito inquinato di interesse nazionale e il nuovo piano regolatore portuale, da ultimo approvato, sono gli elementi di un unico disegno teso a trasformare la straordinaria bellezza naturale del Golfo in un ricettacolo di mega porta container, con l’interramento di oltre 200.000 mq. di area marina (ma l’ammontare della superficie complessiva è rimasto addirittura ignoto) e lo sviluppo spropositato del porto commerciale (produttivo di ricchezza per pochi!) a scapito delle attività turistiche e balneari, che, siccome le uniche conformi alla vocazione naturale del sito e al suo eccezionale pregio paesistico, avrebbero dovuto essere privilegiate e incentivate, quali autentiche portatrici della speranza di un duraturo progresso economico sostenibile.
Per queste ragioni, i ricorrenti sono costretti a rivolgersi nuovamente all’Ecc.mo Tribunale, per ottenere il riparatorio annullamento di tutti gli atti in epigrafe indicati, siccome gravemente illegittimi, ingiusti e dannosi.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi in linea di
DIRITTO
1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 e degli artt. 1 e 2 della L.R. 12 marzo 2003 n. 9. Violazione del principio di sussidiarietà in senso verticale di cui all’art. 118, commi 1 e 2, Cost. Violazione del principio di leale collaborazione. Eccesso di potere per difetto del presupposto e per contraddittorietà ed illogicità manifeste.
L’oggetto ed il procedimento di approvazione del piano regolatore portuale è disciplinato dall’art. 5 della Legge n. 84/1994, secondo cui nei porti commerciali (di cui alla categoria II, classi I, II e III, con esclusione dei porti turistici), “l’ambito e l’assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie, sono rispettivamente delimitati e disegnati dal piano regolatore portuale che individua altresì le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate” (comma 1).
Nei porti, come quello della Spezia, nei quali è istituita l’Autorità Portuale, il piano regolatore portuale, le cui previsioni “non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti” (comma 2), “è adottato dal comitato portuale, previa intesa con il comune o con i comuni interessati” ed è quindi inviato per il parere al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che si esprime entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell’atto, decorsi i quali il parere si intende reso in senso favorevole (comma 3).
Il piano è sottoposto alla valutazione di impatto ambientale, ai sensi della normativa vigente in materia ed è quindi approvato dalla Regione (comma 4).
La ripartizione delle competenze tra gli organi regionali in sede di approvazione (Giunta e Consiglio) è delineata dagli artt. 1 e 2 della L.R. 12 marzo 2003 n. 9, unitamente alla fasi di pubblicazione (B.U.R.L. e avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale) integrativa dell’efficacia (B.U.R.L.).
La necessità inderogabile dell’intesa con i Comuni nel cui territorio la pianificazione portuale incide, espressamente prevista dall’art. 5, comma 1, della Legge n. 84/1994, deriva dalla particolare competenza comunale in materia di governo del territorio e di rappresentanza esponenziale della collettività territoriale, costituzionalmente protette dagli artt. 114 e 118 Cost., nonché dalle seguenti considerazioni, assistite da puntuale riscontro legislativo:
a) “le previsioni del piano regolatore portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti” (art. 5, comma 2, della Legge n. 84/1994);
b) la modifica di tali strumenti richiede inderogabilmente, in virtù dell’operare del principio di sussidiarietà in senso verticale, sancito dall’art. 118, commi 1 e 2, Cost., la preventiva adozione da parte del Comune.
Pertanto, “qualora il progetto di Piano regolatore portuale si ponga in variante alle previsioni dei piani urbanistici di livello comunale vigenti o adottati, l’intesa di cui all’articolo 5, comma 3, della l. 84/1994 è comprensiva dell’assenso preliminare al riguardo” (art. 2, comma 1, della L.R. n. 9/2003).
La necessità dell’intesa è stata riconosciuta dalla giurisprudenza.
Al contrario, il nuovo piano regolatore portuale della Spezia è stato adottato dall’Autorità Portuale e approvato dalla Regione, senza che vi sia stata l’intesa del Comune di Lerici, che anzi l’ha espressamente denegata con la Deliberazione consiliare n. 80 del 17 dicembre 2001, giustamente dissentendo dalla stessa impostazione del piano, le cui previsioni di interramento di vaste aree marine pregiudicano precipuamente la baia di Lerici, oltre a contrastare con le indicazioni e le funzioni del relativo P.U.C.
Sotto il primo profilo, il P.R.P. contrasta nella sua stessa impostazione con le linee di governo del territorio del Comune di Lerici improntate alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, di straordinario valore, e al conseguente sviluppo sostenibile delle attività turistiche e balneari.
Sotto il secondo profilo, sono mancate le previsioni di localizzazione di un porticciolo turistico nell’area Muggiano - Pertusola e di trasformazione dei manufatti industriali preesistenti e si mantiene la stazione dei traghetti veloci nella zona del Muggiano, con impatti negativi per il litorale lericino e le attività collegate al turismo.
La mancata intesa del Comune di Lerici impediva l’adozione del P.R.P. da parte dell’Autorità Portuale e a maggior ragione la sua approvazione.
Né in contrario può essere addotta l’ordinanza cautelare 18 aprile 2002 n. 245, pronunciata dall’Ecc.mo Tribunale nel ricorso proposto dal Comitato Portuale avverso la Deliberazione del Consiglio Comunale di Lerici n. 80 del 17.12.2001, di diniego dell’intesa, sia per la natura meramente cautelare della medesima fondata sull’assenza di danni gravi ed irreparabili, poiché “nessuna concreta utilità può trarre la ricorrente dalla sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato atteso che, comunque, persiste la facoltà dell’Autorità Portuale di proseguire nel procedimento previsto dall’art. 5 della Legge 84/1994”, sia perché riferita alla prosecuzione del procedimento (attivazione – non avvenuta - delle forme di leale collaborazione tese a superare il diniego) e non all’adozione e tanto meno all’approvazione del Piano, la quale comunque avrebbe dovuto essere preceduta dall’intesa.
Ne conseguono, ad ogni evidenza, i vizi rubricati.
2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 e degli artt. 1 e 2 della L.R. 12 marzo 2003 n. 9. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per illogicità ed irrazionalità manifeste, indeterminatezza e perplessità.
Il Piano regolatore portuale impugnato prevede un incremento del traffico contenitori da 900.000 a circa 1.600.000 TEU/anno.
Per consentire tale incremento, prefigura l’interramento di vaste aree marine di superficie di oltre 175.000 mq., ma imprecisata nel massimo.
Osserva il Voto del Comitato Tecnico Regionale per il Territorio n. 44 del 13.07.2006 e 10.10.2006, parte integrante e sostanziale della Deliberazione impugnata in principalità, che “la parte strettamente portuale, corrispondente alla “funzione commerciale” è ricompresa tra molo Italia e molo Enel e corrisponde all’ambito “6”.
In tale ambito il Piano prevede un ampliamento degli spazi commerciali per complessivi 140.000 mq., quale tetto massimo definito nell’intesa raggiunta con il Comune di La Spezia. I nuovi riempimenti riguardano:
- tombamento della Marina di Cataletto per 50.000 mq. (zona occupata da imbarcazioni private rilocalizzate nell’ambito 5);
- completamento molo A 79.000 mq.;
- copertura diffusore Enel 11.000 mq.
E’ inoltre previsto il banchinamento di nuove superfici quale compensazione per la riconversione della Calata Paita e di altre aree oggi destinate a usi portuali a zona urbana; tale banchinamento (che nelle tavole dell’Ambito 6 è indicato quale “espansione aree commerciali a compensazione di aree convertite in funzioni turistico – diportistiche o urbane”) interessa l’avanzamento di Calata Artom e di Molo Fornelli” (pagg. 2 – 3).
Nel paragrafo specifico dell’Ambito 6 – Portuale-commerciale, il Voto chiarisce che la tavola del P.R.P. realtiva al’ambito “nell’individuare le “aree commerciali a compensazione di aree convertite in funzioni turistico-urbane” non indica le aree in cui è già stata realizzata la funzione commerciale (in corrispondenza di Molo Garibaldi), quale parte della compensazione della restituzione alla città di Calata Paita; conseguentemente tale area è da riportare tra quelle “a compensazione”.
In sede di esame da parte della VI Commissione consiliare, nel testo poi approvato si è aggiunto (nel tentativo non riuscito di precisare) il paragrafo per cui “tenuto conto che una parte delle aree da le aree ancora da compensare sono limitate ad una porzione di Calata Paita e alla fascia di rispetto, è da prescrivere che la quantità massima di riempimenti in Molo Fornelli e Calata Artom non può superare i 35.000 mq.
Per contro con riferimento alla esigenza di garantire la necessaria flessibilità nell’attuazione del Piano, si ritiene ammissibile una flessibilità nella configurazione dei riempimenti esistenti e di nuova previsione entro la linea di testata dei moli come previsto nell’intesa.
A tale flessibilità può farsi ricorso anche nel caso in cui l’Autorità Portuale fosse indotta a riconsiderare in tutto o in parte le previsioni di utilizzare i previsti riempimenti di Marina del Cataletto e/o Fossamastra in esito alle intese con il Comune e i soggetti interessati”.
Emergono evidenti la indeterminatezza, la contraddittorietà intrinseca e il carattere assolutamente incerto ed aleatorio di siffatte previsioni pianificatorie, poiché:
a) la superficie massima dei “tombamenti” (id est: ridurre il Golfo dei Poeti ad una tomba) non è indicata, essendo il limite dei 35.000 mq., aggiuntivo di quello di 140.000 mq. delle “Nuove aree commerciali”, riferito solo al Molo Fornelli e a Calata Artom e non al Molo Garibaldi che è invece pure interessato dai riempimenti per le c.d. “aree a compensazione”, come espressamente riconosce la disciplina del paragrafo “Ambito 6 – Portuale-commerciale” del Piano.
Contraddicendo ogni elementare regola pianificatoria, il P.R.P. è stato adottato e approvato senza l’indicazione della superficie di interramento, che costituisce l’elemento più sensibile, delicato e contestato del Piano!
La grossolana carenza di istruttoria rende del tutto inattendibili tali previsioni, riassumendo l’inammissibile incoerenza e labilità, addirittura metodologica, dell’oscuro pianificatore.
b) La prospettata “flessibilità nella configurazione dei riempimenti esistenti e di nuova previsione entro la linea di testata dei moli” e la possibilità (ovvero: il suggerimento) per l’Autorità Portuale di “riconsiderare in tutto o in parte le previsioni di utilizzare i previsti riempimenti di Marina del Cataletto e/o Fossamastra”, è chiaro indice del disvalore che lo stesso pianificatore assegna ai predetti riempimenti, che riguardano le zone storicamente di maggior pregio ambientale e culturale del Golfo, ove era (ed è ancora faticosamente) custodita la tradizione spezzina.
Pertanto da un lato il Piano prevede tali insostenibili (ed incredibili) interramenti, che produrrebbero la scomparsa di dette località tipiche, dall’altro, rendendosi conto di tale insostenibilità, sembra auspicare che essi non siano realizzati e siano “flessibilmente” spostati altrove, ma sono si sa dove.
Con ciò viene smentita la ragione stessa della pianificazione portuale, che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, della Legge n. 84/1994 esige la precisa individuazione delle aree e delle loro destinazioni funzionali, operazione indispensabile per la “delimitazione” ed il “disegno” dell’ambito e dell’assetto del Porto.
Viene tradita la stessa tecnica pianificatoria, che non sopporta incertezze previsionali (nell’an o nel quantum), che contraddicono la finalità di cui tende, ossia di predisporre una razionale disciplina strumentale al raggiungimento degli obiettivi.
Donde la sussistenza dei vizi rubricati.
3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 e degli artt. 1 e 2 della L.R. 12 marzo 2003 n. 9 in relazione alla violazione e mancata applicazione 9 dicembre 1998 n. 426, dell'art. 17 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 e degli artt. 4, 5, 6, 10, 11 e 15 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471. Violazione del principio di precauzione. Eccesso di potere difetto dei presupposti, per contraddittorietà intrinseca ed illogicità manifeste e per difetto di istruttoria. Perplessità. Sviamento di potere.
Ai sensi dell'art. 1 della Legge n. 426/1998, il sito perimetrato di Pitelli (La Spezia), "ivi compresi aree e specchi d'acqua marittimi", è considerato sito ad alto rischio ambientale, che richiede intervento di bonifica di interesse nazionale, per la cui realizzazione, unitamente a quella relativa agli altri siti inquinati elencati al comma 4, il Ministero dell'Ambiente adotta, d'intesa con la Conferenza Permanente Stato e Regioni, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, "un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse" (commi 1, 3 e 4).
Nell'ambito di tale programma, il Ministero dell'Ambiente "determina altresì le modalità per il monitoraggio e il controllo, con la partecipazione delle regioni interessate, delle attività di realizzazione delle opere e degli interventi previsti nel programma stesso".
La predetta indicazione legislativa di operosa cautela si coordina con la generale disciplina per la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati dettata dall'art. 17 del D. Lgs. n. 22/1997 ed il relativo regolamento di attuazione approvato con D.M. 25 ottobre 1999 n. 471, secondo cui in caso di superamento o di pericolo concreto e attuale di superamento dei valori di concentrazione limite accettabili per le sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, "il sito interessato deve essere sottoposto a interventi di messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica e ripristino ambientale per eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti a valori di concentrazione almeno pari ai suddetti valori di concentrazione limite accettabili" (art. 4).
Qualora tali valori "non possano essere raggiunti, nonostante l'applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, il Comune o, se l'intervento riguarda un'area compresa nel territorio di più Comuni, la Regione può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui previsti nel sito risultano superiori a quelli stabiliti nell'Allegato 1" al regolamento (art. 5).
In tali casi, qualora la fonte inquinante sia costituita da rifiuti stoccati, il Comune o la Regione "può autorizzare interventi di messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale, eventualmente prevedendo interventi di ingegneria naturalistica" (art. 6).
Tali interventi di bonifica e ripristino ambientale e di messa in sicurezza permanente sono effettuati sulla base di apposita progettazione che si articola in tre livelli di approfondimenti tecnici progressivi: piano della caratterizzazione, progetto preliminare e progetto definitivo. Quest'ultimo progetto è approvato dalla Regione, se l'intervento riguarda un'area compresa nel territorio di più Comuni, "entro novanta giorni dalla presentazione, sentita una Conferenza di servizi convocata ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche e integrazioni, alla quale sono chiamati a partecipare gli enti locali interessati, l'ARPA competente per territorio e tutte le amministrazioni competenti per le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli altri atti di assenso", previa, se prevista, l'acquisizione della pronuncia di valutazione di impatto ambientale (V.I.A), da parte dell'Amministrazione competente (art. 10, comma 3).
L'approvazione del progetto definitivo è preceduta dall'approvazione, sempre da parte del Comune o della Regione, nel caso in cui l'intervento riguarda un'area compresa nel territorio di più Comuni, del piano della caratterizzazione, sentita la Conferenza dei servizi, con autorizzazione alla sua esecuzione, eventuale richiesta di integrazioni, imposizione di specifiche prescrizioni (art. 10 comma 4), e del progetto preliminare, redatto sulla base dei risultati dell'esecuzione del Piano della caratterizzazione e contenente "la perimetrazione definitiva dell'area influenzata dalla fonte inquinante eventualmente richiedendo integrazioni e imponendo specifiche prescrizioni" (comma 5).
Sulla base del progetto preliminare è predisposto il progetto definitivo di bonifica e ripristino ambientale o quello con misure di sicurezza o di messa in sicurezza permanente, che stabilisce le eventuali prescrizioni e limitazioni per l'uso del sito (comma 6).
Con la sua approvazione "sono autorizzati gli interventi necessari per l'attuazione del progetto stesso e sono stabiliti i relativi tempi di esecuzione, sono indicate le eventuali prescrizioni per l'esecuzione dei lavori ed è fissata l'entità delle garanzie finanziarie in misura non inferiore del 20% del costo stimato dell'intervento che devono essere prestate a favore della Regione per la corretta esecuzione e il completamento degli interventi medesimi" (comma 9).
Detta autorizzazione, "ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto definitivo, e per il tempo strettamente necessario all'attuazione medesima", "sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e agli assensi previsti dalla legislazione vigente", costituisce variante urbanistica e "comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori qualora la realizzazione e l'esercizio dei suddetti impianti ed attrezzature rivesta carattere di pubblica utilità" (comma 10).
In virtù dell'art. 15 del medesimo D.M. n. 471/1999, per gli interventi di interesse nazionale, come nel caso in esame relativo al sito di Pitelli, il Piano di caratterizzazione, il Progetto preliminare e il Progetto definitivo sono predisposti secondo i criteri generali stabiliti nell'Allegato 4 al Regolamento medesimo e presentati al Ministero dell'Ambiente dal responsabile, o dal proprietario del sito inquinato o da altro soggetto interessato e, in difetto, sono predisposti dallo stesso Ministero, che si avvale dell'A.N.P.A., dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'E.N.E.A. e, per l'istruttoria tecnica, anche delle A.R.P.A. e delle regioni interessate.
Quindi, "il Ministro dell'Ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, d'intesa con la regione territorialmente competente, approva il progetto definitivo, tenendo conto delle conclusioni dell'istruttoria tecnica e autorizza la realizzazione dei relativi interventi", salva, ove prevista, la necessità di preventiva valutazione di impatto ambientale (V.I.A.).
La previsione degli interramenti di aree marine del Golfo dei Poeti non è stata correlata con la prioritaria previsione dell’esecuzione della bonifica integrale del Golfo, all’esito del procedimento sopraindicato.
L'alto livello di inquinamento, la grave pericolosità e le molteplici criticità del sito di Pitelli, acclarate dalla Conferenza di Servizi del svoltasi presso la competente Direzione del Ministero dell’Ambiente il 28 aprile 2005 svoltasi richiedevano cautela ed approfondita istruttoria e non consentono lo svolgimento di alcuna attività (e tantomeno l’interramento di porzioni del sito inquinato) senza la preventiva esecuzione della sua bonifica integrale.
E’ infatti evidente che, come osservato dall'Ecc. ma Sezione, (sentenza 18 marzo 2004 n. 267), "la speciale normativa prevista per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale, non possa subire condizionamenti o comunque interferenze sia sostanziali che procedimentali da parte delle restanti normative di settore, atteso l'ormai acclarato valore ordinamentale del bene ambiente.
Ne consegue che una volta che un'area sia classificata tale, le stessa deve in via prioritaria essere bonificata e ripristinata con le modalità normativamente prescritte, risultando i concorrenti interessi di diversa natura recessivi rispetto alle finalità di tutela ambientale”.
Le necessità inderogabile della preventiva bonifica è stata contraddittoriamente riconosciuta dagli stessi decreti ministeriali che hanno approvato cinque interventi di bonifica parziale (in realtà “dragaggio”), laddove richiamano “la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria dell’8 gennaio 2004 sul ricorso n. 438/2003 R.G.R. proposto dal Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti et Al., che impone l’attuazione degli interventi di bonifica all’interno dell’area marina perimetrata come condizione propedeutica all’esecuzione di interventi aventi altre finalità, nonché la sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sesta Sezione del 29 ottobre 2004 sui ricorsi in appello promossi dall’Autorità Portuale di La Spezia et Al. avverso la citata sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria dell’8 gennaio 2004 che di fatto non ha modificato l’orientamento espresso da detto Tribunale in merito alla propedeuticità degli interventi”.
Né può essere invocato l'art. 11 del D.P.R. n. 471/1999, poiché quest'ultimo non prevede “la bonifica per lotti” dopo la predisposizione del progetto preliminare di bonifica, ma che "qualora dal progetto preliminare risulti che la bonifica o la bonifica con misure di sicurezza presenti particolare complessità a causa della natura degli interventi o dell'estensione dell'area interessata dai medesimi, l'approvazione del progetto preliminare può consentire che, fermo restando l'obbligo di prestare la garanzia per l'intero intervento, il progetto definitivo di bonifica o di bonifica con misure di sicurezza sia articolato in fasi progettuali distinte per rendere possibile la valutazione dell'adozione di tecnologie innovative o la realizzazione degli interventi per singole aree".
Inoltre "ogni fase progettuale dovrà contenere un dettagliato rapporto delle operazioni svolte e dei risultati ottenuti nella fase precedente secondo le indicazioni dell'allegato 4 ed essere approvata tenendo conto dei risultati dell'attuazione delle fasi progettuali precedenti".
Ancora: "Nell'autorizzazione dovrà indicato il termine di presentazione del progetto di bonifica della fase successiva".
Nulla di tutto ciò si rinviene nella fattispecie in esame!
Ed infatti:
A) in primo luogo si rileva che il progetto preliminare non consente né prevede che il progetto definitivo di bonifica o di bonifica con misure di sicurezza si articolato in fasi progettuali distinte e tanto meno prevede un’attuazione della bonifica per lotti!
B) nessuna dimostrazione né motivazione è stata data della presunta impossibilità di procedere contestualmente alla bonifica dell’intera area perimetrata;
C) nessuna garanzia per l’intero intervento è stata prestata.
Si osserva in primo luogo che l’intero intervento di bonifica del sito inquinato perimetrato di interesse nazionale di Pitelli comprende sia le aree a terra sia l’area marino – costiera e in quanto tale è stato oggetto del Piano di caratterizzazione allegato alla D.G.R. 7 agosto 2003 n. 1028.
Inoltre le conclusioni del progetto preliminare di bonifica redatto dall’ICRAM (Istituto per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare), approvato dalla Conferenza di Servizi del 25 luglio 2005, formulano cinque ipotesi alternative con le seguenti ipotesi di costo in Euro (Cfr. Tabella 26: Schema riassuntivo dei costi per le diverse ipotesi di intervento):
Minima Massima
1) 129.477.440,00 218.293.360,00
2) 149.767.160,00 242.018.100,00
3) 209.783.730,00 395.155.740,00
4) 195.297.180,00 280.391.710,00
5) 365.522.740,00 575.930.800,00
Osserva il predetto progetto preliminare (pag. 201), che “tra le ipotesi di intervento riportate, la n. 1 e la n. 2 comportano un sicuro miglioramento dell’ambiente acquatico, allontanando quei sedimenti le cui concentrazioni sono talmente elevate da costituire un costante pericolo per l’ambiente acquatico. In particolare l’ipotesi di intervento n. 2 consente di bonificare quelle aree adibite ad impianti di acquacoltura in cui la qualità dei sedimenti risultava non adeguata”.
Inoltre, mentre “l’ipotesi di intervento n. 4 realizza la completa bonifica della Rada della Spezia”, “l’ipotesi di intervento n. 3 realizza la sostanziale bonifica” della medesima, “rimuovendo la maggior parte dei sedimenti le cui concentrazioni costituiscono un serio pericolo per l’ambiente acquatico. Rispetto all’ipotesi di intervento n. 4, tuttavia, tale intervento prevede costi e tempi di realizzazione minori. Tale ipotesi permette quindi di coniugare le esigenze di tipo ambientale con quelle di tipo socio – economico, e rappresenta un ragionevole compromesso in termini di costi – benefici”.
Infine, “l’ipotesi 3A, che prevede per i sedimenti ARANCIONI e GIALLI il diretto conferimento in una struttura di confinamento appositamente realizzata all’interno della Rada della Spezia, aggiunge a quanto già detto per l’ipotesi 3 il potenziale beneficio derivante dalla realizzazione di un’area attrezzata per la gestione dei sedimenti nel corso delle fasi di bonifica e di una superficie da destinare ad usi diversi (stoccaggio dei sedimenti prima dell’invio ad opportuno impianto di trattamento, piattaforma logistica attrezzata con impianto di trattamento dei sedimenti ed impianto di depurazione delle acque, area per la fitodepurazione dei sedimenti meno contaminati, porto turistico, dislocazione di alcune attività critiche che ora insistono lungo la costa, attività ricreative nel caso di conferimento di sedimenti di idonea qualità)”.
Nessuna di tali ipotesi di intervento è stata considerata né comparata dai progetti definitivi approvati e nessuna garanzia per l’intero intervento è stata prestata (neanche quella minima per l’area marino costiera – pur insufficiente - di Euro 129.477.440,00!).
La bonifica per lotti non ha alcuna attinenza con il disposto dell’art. 11 del D.M. n. 471/1999, che esclude la possibilità di approvare contestualmente progetti definitivi riferiti a distinte porzioni dell’area da bonificare e prevede la ben diversa ipotesi di “fasi progettuali distinte”, ognuna delle quali dovrà contenere “un dettagliato rapporto delle operazioni svolte e dei risultati ottenuti nella fase precedente secondo le indicazioni dell'allegato 4 ed essere approvata tenendo conto dei risultati dell'attuazione delle fasi progettuali precedenti”: trattasi di un modus procedendi dettato da esigenze scientifiche di analisi dei risultati esattamente opposto a quello adottato dalla Conferenza di Servizi del 25 luglio 2005.
L’art. 11 citato consente, alle rigorose condizioni date (e nella fattispecie insussistenti), la possibilità di una progettazione per fasi successive relative alla eliminazione dei vari strati o livelli di inquinamento di tutto il sito, ciascuna delle quali deve tener conto dei risultati della fase precedente, secondo un criterio di esperienza e di razionalità, e non invece un intervento di bonifica frazionato per lotti approvato ex ante e quindi inattendibile e pericoloso siccome privo delle necessarie cautele e contrastante con la natura stessa del mare che non può frazionarsi!
Ciò è confermato dalla previsione contenuta nel comma 3, secondo nell’autorizzazione di una fase, “dovrà essere indicato il termine di presentazione del progetto di bonifica di una fase successiva”.
Tali termini non solo non sono indicati, ma non sono neanche ipotizzati, mancando un disegno complessivo ed essendo i progetti approvati, distinti e svincolati l’uno dall’altro, per consentire l’escavazione dei fondali con metodi e finalità del tutto diverse da quelle della bonifica.
La previsione di interramenti di aree marine inquinate, non preceduta dalla relativa necessaria bonifica, viola anche il principio di precauzione, previsto dall’art. 174, 2° comma, del Trattato Europeo, a tenore del quale “la politica della Comunità in materia ambientale mira ad un livello elevato di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente nonché sul principio “chi inquina paga”.
In forza del successivo 3° comma, “nel predisporre la sua politica in materia ambientale la Comunità tiene conto: - dei dati scientifici e tecnici disponibili, … - dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall’azione o dall’assenza dell’azione”.
La Commissione europea, il 2 febbraio 2000, ha presentato al Parlamento europeo, al Consiglio e agli Stati membri una Comunicazione sul principio di precauzione, allo scopo di favorire un chiarimento sulla sua natura e portata: la sua applicazione comporta, in sostanza, l’adozione di decisioni cautelative quando, in presenza di rischi gravi o irreversibili, non sia ancora possibile stabilire con certezza, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, un’esatta relazione tra causa ed effetto.
Il ricorso a detto principio presuppone l’esistenza di “una valutazione scientifica del rischio che, per l’insufficienza dei dati, il loro carattere non concludente o la loro imprecisione, non consente dei determinare con sufficiente certezza il rischio in questione”. In campo ambientale, l’onere della prova che un piano o progetto non pregiudichi il sito interessato incombe su chi intenda realizzarlo ed il rischio di un effetto potenzialmente pericoloso esiste se non può essere escluso sulla base di elementi obiettivi.
Il rischio è pertanto ritenuto inaccettabile finché non sia dimostrato il contrario!
L’anticipazione della soglia di intervento si rende necessaria proprio in ragione della natura del bene da tutelare, il cui danneggiamento non può essere adeguatamente riparato con interventi successivi, in considerazione della dimensione spaziale e temporale e della diffusività dei potenziali effetti dannosi, dovuta anche all’interferenza e convergenza tra le potenziali fonti di danno.
La necessità di giungere, in via preventiva, ad una stima il più possibile rigorosa, nel rispetto del suddetto principio, non è stata perseguita nel caso di specie, ove si sono previsti “tombamenti” di aree marine, non preceduti dalla necessaria bonifica e produttivi di enorme pericolo per l’ambiente e la salute dei suoi abitanti.
4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 1, della Legge 28 gennaio 1994 n. 84. Violazione del principio di proporzionalità degli atti amministrativa. Eccesso di potere per difetto del presupposto e di istruttoria e per contraddittorietà, illogicità ed irrazionalità manifeste.
La norma rubricata prescrive che il P.R.P. delimiti e disegni anche le “infrastrutture stradali e ferroviarie”.
Come si è notato, l’obiettivo dell’impugnato Piano regolatore portuale della Spezia è quello di conseguire “un incremento del traffico contenitori da 900.000 a circa 1.600.000 TEU/anno, mantenendo costante il traffico di merci convenzionali” (pag. 2 del Voto del Comitato Tecnico Regionale per il Territorio).
Per ottenere tale risultato, sono stati previsti i “tombamenti” sopra descritti, indeterminati nel massimo e comunque superiori ad una superficie di 175.000 mq.
La realizzazione di tali aree commerciali sottratte al mare, viene a snaturare il Golfo dei Poeti, addirittura più che raddoppiando le previsioni quantitative e funzionali del precedente piano, approvato con D.M. del 5 novembre 1982 e successivamente modificato con “adeguamenti tecnici e funzionali” di cui a delibere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 1997 (banchinamento Ravano), del 1999 (ristrutturazione Molo Garibaldi) e del 2000 (canali navigabili e terzo bacino con adeguamento della banchina est del Molo Fornelli), che aveva delineato l’attuale Porto commerciale i tre bacini:
- il primo individuato da Calata Paita, Calata Malaspina e banchina a ponente del Molo Garibaldi, in cui sono ubicati gli uffici della Capitaneria e della Dogana nonché funzioni commerciali e merci non containerizzate;
- il secondo individuato dalla banchina a levante del Molo Garibaldi e da Calata Artom destinati a traffico merci varie e dalla banchina di ponente del Molo Fornelli;
- il terzo individuato dal Molo Fornelli ovest, utilizzato per traffico contenitori, Calata A (Ravano e Marina del Cataletto) parzialmente da realizzare e molo B ancora da realizzare.
La superficie dei previsti riempimenti a mare era pari a circa 120.000 mq. (Cfr. pag. 2 del citato Voto).
Sennonché a fronte di una previsione di nuovi “tombamenti” per oltre 200.000 mq. (175.000 mq., cui devono aggiungersi le compensazioni indeterminate del Molo Garibaldi), nessuna nuova infrastruttura stradale e ferroviaria è indicata!
E’ nota la carenza infrastrutturale della Spezia, che non è in grado di sostenere neanche la movimentazione dei container prevista dal precedente P.R.P. (900.000 TEU/anno).
Per rendersene conto, è sufficiente osservare l’esistenza di un’unica via di accesso alla città e il disordine ambientale e urbanistico della periferia cittadina invasa dai container, che hanno distrutto quella che era un tempo la fiorente pianura del Magra.
A ciò si aggiunga l’inquinamento acustico e atmosferico, già oggi ben oltre il limite della sostenibilità.
Di fronte a tali carenze, dovute alla stessa morfologia territoriale, il nuovo P.R.P. pretende, senza indicare alcuna nuova infrastruttura stradale o ferroviaria e tantomeno le risorse e i tempi per realizzarle, di:
a) incrementare la movimentazione dei container da 900.000 a circa 1.600.000 TEU/anno;
b) di incrementare le aree del porto commerciale da sottrarre al mare di oltre 200.000 mq.
Sarebbe la paralisi della città e la fine del Golfo dei Poeti, di Lerici e di Portovenere.
5) Violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 2, della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 e dell’art. 2, comma 1, della L.R. 12 marzo 2003 n. 9. Eccesso di potere per difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione e per illogicità e contraddittorietà intrinseca manifeste. Indeterminatezza. Perplessità
Ai sensi dell’art. 5, comma 2, della Legge n. 84/1994, “le previsioni del piano regolatore portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti”, mentre in virtù dell’art. 2, comma 1, della L.R. n. 9/2003, “ove il progetto di Piano regolatore portuale si ponga in variante alle previsioni dei piani urbanistici di livello comunale vigenti o adottati, l’intesa di cui all’articolo 5, comma 3, della l. 84/1994 è comprensiva dell’assenso preliminare al riguardo”.
Come si è sopra osservato nel primo motivo, il Comune di Lerici non ha formulato l’intesa (anzi l’ha espressamente denegata!) e non ha pertanto prestato l’assenso preliminare, da valere quale adozione della variante.
Il il P.R.P. adottato e approvato non rispetta neanche in toto l’intesa intervenuta con i Comuni della Spezia e di Portovenere.
Il Voto del Comitato Tecnico Regionale per il Territorio n. 44/2006 è vago sul punto ad assumere una conformità solo “sostanziale”, “fermo restando che laddove si registrano aspetti di non completa conformità – anche alla luce di quanto emerso nel corso del raggiungimento delle intese – con il presente atto verrà garantita la piena coerenza tra i due strumenti di pianificazione”.
Con ciò si ignora se è il P.R.P. ad adeguarsi ai Piani Urbanistici Comunali (circostanza giuridicamente possibile) è se sono quest’ultimi ad essere adeguati al primo (circostanza giuridicamente inammissibile).
Donde la sussistenza dei vizi rubricati.
6) Violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 e degli artt. 1 e 2 della L.R. 12 marzo 2003 n. 9.




Inconferente e addirittura intrinsecamente contraddittoria con le premesse normative dei Decreti impugnati - così come delle Delibere della Conferenza di Servizi del 25 luglio 2005 – (art. 11 del D.M. n. 471/1999) è la previsione contenuta nei dispositivi all’art. 3, in forza della quale “dovrà essere presentata una fideiussione a cura dell’Autorità Portuale della Spezia a favore della Regione Liguria, per una somma pari al 20%” di ogni intervento approvato.


4) le stesse prescrizioni e modalità imposte dalle deliberazioni della Conferenza del 25.07.2005 e dai decreti ministeriali impugnati, (trasmettere la planimetria con la delimitazione precisa dell’area, in cui verrà effettuato l’intervento, mediante punti georeferenziati, area poi indicata nei decreti come “individuata dalla planimetria con cooordinate geografiche Gauss/Boaga” trasmessa dall’Autorità Portuale; le modalità di controllo del fondo scavo per la verifica dell’avvenuta bonifica dell’area devono essere concordate con l’Ente di controllo; la maglia utilizzata per tale verifica non deve essere di dimensioni superiori a quella utilizzata per la caratterizzazione dell’area; per la bonifica dei fondali a radice del Molo Fornelli Est, “qualora venissero dimostrati problemi di stabilità statica delle banchine a causa delle attività di bonifica dei sedimenti, sarà presentato un progetto di bonifica con misure di sicurezza e dovranno essere previste delle limitazioni d’uso dell’area marina interessata”) denotano:
a) mancata pregressa delimitazione delle aree e concreta grave difficoltà della stessa in ambiente marino;
b) indeterminatezza delle modalità di controllo del fondo scavo;
c) mancata previsione degli effetti degli scavi dei sedimenti.
Sono pertanto evidenti da un lato la pericolosità dei proposti interventi (di dragaggio - inutile ed ingiustificato), dall'altro il difetto di istruttoria e la perplessità in cui è incorsa la Conferenza, con l'inammissibile e rischioso rinvio ad adempimenti e approfondimenti successivi, anche in termini ipotetici, nella carenza di dati e conoscenze, che invece il rigoroso e violato procedimento previsto dalle norme epigrafate è preordinato ad acquisire per l'adeguata definizione di tecniche, criteri e limiti di bonifica e ripristino ambientale.
L'alto livello di inquinamento, la grave pericolosità e le molteplici criticità del sito di Pitelli, acclarate dalle Conferenze dei Servizi del 28 aprile 2005 richiedevano cautela ed approfondita istruttoria e non consentono un assenso generico, superficiale, immotivato e condizionato dalla volontà manifestata dall’Autorità Portuale di approfondire i fondali per (ingiustificate e dannose) ragioni di navigabilità.

9) Violazione degli artt. 142 e 146 del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e dell'art. 1 bis, lett. f) della L.R. 18 marzo 1980 n. 15 e/o degli artt. 1 e 6 della L.R. 21 agosto 1991 n. 20. Eccesso di potere per difetto del presupposto e di motivazione.
L'intervento di dragaggio, in cui si sostanziano i parziali, settoriali e pericolosi interventi distinti come “progetti definitivi di bonifica”, approvati con le delibere impugnate, è preordinato, come sopra si è esposto, a condurre l'area marina antistante il molo Ravano del Porto della Spezia alla quota di profondità di 13,5 metri, con un imponente prelievo di molte migliaia di mc. di sedimenti, per garantire l'accesso al Porto di navi da 6500/6800 TEU.
Ciò provocherebbe da un lato un notevole mutamento dell'ecosistema e dell'ambiente marino (per di più in sito di bonifica e ripristino ambientale di interesse nazionale), dall'altro una grave alterazione dell'utilizzo del Golfo dei Poeti e delle sue splendide visuali da mare e da terra nonché dei suoi caratteri naturalistici.
Si tratta di zona connotata da un altissimo valore paesistico e ambientale.
Non a caso la sua individuazione come sito di interesse nazionale è avvenuta, giusta il disposto dell'art. 15 del D.M. n. 471/1999, anche in ragione del "pregiudizio per i beni culturali ed ambientali" e secondo il principio e criterio direttivo per cui "la bonifica riguardi aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale" (lett. a).
E' ben vero che il mare (come i laghi), diversamente dai fiumi, torrenti e corsi d'acqua, non è oggetto in se stesso di tutela paesistica ai sensi dell'art. 142 del D. Lgs. n. 42/2004 (ex art. 146 del D. Lgs. n. 490/1999).
Tuttavia sono sottoposti al vincolo paesistico "i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare" (art. 142, comma 1, lett. a). Il dragaggio in oggetto viene ad alterare il rapporto tra mare e territorio costiero, consentendo un ingresso di navi porta containers di notevoli dimensioni, del tutto sproporzionate alla naturale dimensione e conformazione del Golfo dei Poeti e tali da pregiudicare le sue incantevoli visuali panoramiche, per le quali è conosciuto in tutto il mondo.
L'innaturale utilizzo del Golfo, che si otterrebbe con l'artificiale opera di dragaggio, comporta pertanto la necessità di una sua valutazione paesistica, incidendo sui territori costieri vincolati ai sensi della norma su richiamata.
Tale valutazione, di competenza regionale trattandosi di "opere marittime di carattere permanente", (art. 1 bis, comma 1, lett. f della L.R. n. 15/1980), o, se delegata ai sensi degli artt. 1 o 6 della L.R. 21 agosto 1991 n. 20, di competenza dei Comuni o della Provincia, non è stata minimamente operata e, giusta l'insegnamento giurisprudenziale, avrebbe dovuto essere sorretta "da una motivazione che consenta di verificare la compatibilità dell'opera con le esigenze di conservazione delle bellezze naturali oggetto del vincolo" (Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2000, n. 726) e dalla "indicazione dell'iter logico seguito in ordine alle effettive ragioni di compatibilità delle opere, in riferimento agli specifici valori paesistici delle località interessate" (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 9 aprile 1999, n. 1006; Cons. Stato, Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 968; Cons. Stato, Sez. VI, 20 giugno 1997, n. 952; Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 1998, n. 1734; Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 1999, n. 2073).
Come anche di recente ha osservato l'Ecc.mo Tribunale, "a fronte della rilevanza degli interessi pubblici sottesi all'attribuzione delle potestà in oggetto, va ribadita la necessità di una specifica motivazione, quantomeno attraverso il richiamo puntuale e concreto agli elementi propri di precedenti positive valutazioni ed all'assenza di elementi in contrario emergenti nel singolo progetto… In tale ottica, relativa alla preminenza degli interessi pubblici suddetti, anche di recente la giurisprudenza di questo Tribunale (cfr. ad es. sentenza n. 267 del 2004) ha avuto modo di precisare la rilevanza del concetto di ambiente e, inoltre, che la tutela di detto valore deve essere assicurata in via prioritaria rispetto ai diversi e spesso confliggenti interessi di minor rango, con cui venga a confrontarsi nell'ambito dei complessi procedimenti che sempre più caratterizzano l'agire dei pubblici poteri" (T.A.R. Liguria, Sez. I, 19 aprile 2004 n. 444).
Se tale valutazione fosse stata svolta, sarebbe emersa l'impossibilità di qualsiasi autorizzazione paesistica per l'intervento in esame, atteso il grave pregiudizio arrecato ai territori costieri e alle visuali panoramiche del Golfo dei Poeti.
Ne conseguono i vizi indicati in rubrica.
* * *
ISTANZA ISTRUTTORIA
Si chiede che sia ordinato alle Amministrazioni intimate il deposito in giudizio in copia autentica dei decreti ministeriali impugnati e di tutti gli atti inerenti i medesimi e le Deliberazioni conferenziali pure gravate e dei relativi elaborati tecnici e progettuali, con riserva di proporre motivi aggiunti.
* * *

con il dragaggio fino a quota meno 13,5 metri, a grandi navi porta container da 6500/6800 TEU (nota del Direttore Generale del Servizio Difesa del Mare del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio prot. n. 5DM/3/5576/C14 del 5.07.2002)
P.Q.M.
Si chiede l'annullamento degli atti impugnati, in epigrafe indicati, con la vittoria delle spese, competenze ed onorari di giudizio.
Con riserva di proporre motivi aggiunti.
Ai sensi dell'art. 9, 5° comma, della Legge 23 dicembre 1999 n. 488 e successive modificazioni, si dichiara che il valore della presente controversia è indeterminabile (lett. d della Tabella 1 allegata alla predetta Legge n. 488/1999).
Genova, 16 marzo 2007
Avv. Prof. Daniele Granara








RELAZIONE DI NOTIFICA
L’anno 2007 e addì del mese di Marzo, richiesto dal Comitato per la Salvaguardia e lo Sviluppo del Golfo dei Poeti, in persona del Presidente e legale rappresentante On. Dott. Enrico Ferri, dal Dott. Enrico Schiffini e dalla Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature - WWF, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore Arch. Fulco Pratesi, da Italia Nostra Onlus, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore On. Carlo Ripa di Meana, e, per essi dall’Avv. Daniele Granara, io sottoscritto Ufficiale Giudiziario addetto all’Ufficio Unico Notifiche presso la Corte d'Appello di Genova ho notificato il suesteso ricorso all'Autorità Portuale della Spezia in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, al Ministero delle Attività Produttive, al Ministero della Salute, in persona dei rispettivi Ministri in carica, alla Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica, alla Conferenza dei Servizi in persona del legale rappresentate pro tempore, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro in carica, al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica, al Comune della Spezia, al Comune di Lerici, al Comune di Portovenere, i persona dei rispettivi Sindaci in carica, alla Provincia della Spezia in persona del Presidente in carica, all’ENEL S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, e alla Società La Spezia Container Terminal S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore,
- quanto all'Autorità Portuale della Spezia, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, alla sua sede in La Spezia, Via del Molo, n. 1, ivi rimettendone copia conforme all'originale a mezzo del servizio postale ai sensi di legge. CAP 19126.





- quanto all'Autorità Portuale della Spezia, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, al suo domicilio eletto ope legis presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Genova, Viale Brigate Partigiane, n. 2, ivi consegnandone copia conforme all'originale a mani di





- quanto al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, in persona del Ministro in carica, al suo domicilio eletto ope legis presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Genova, Viale Brigate Partigiane, n. 2, ivi consegnandone copia conforme all'originale a mani di





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- quanto al Ministero della Salute, in persona del Ministro in carica, al suo domicilio eletto ope legis presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Genova, Viale Brigate Partigiane, n. 2, ivi consegnandone copia conforme all'originale a mani di





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- quanto al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica, al suo domicilio eletto ope legis presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Genova, Viale Brigate Partigiane, n. 2, ivi consegnandone copia conforme all'originale a mani di





- quanto al Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica, alla sua sede nella casa comunale in La Spezia, Piazza Europa, n. 1, ivi rimettendone copia conforme all'originale a mezzo del servizio postale ai sensi di legge. CAP 19124.





- quanto al Comune di Lerici, in persona del Sindaco in carica, alla sua sede nella casa comunale in Lerici, Piazza Bacigalupi, n. 9, ivi rimettendone copia conforme all'originale a mezzo del servizio postale ai sensi di legge. CAP 19032.


- quanto al Comune di Portovenere, in persona del Sindaco in carica, alla sua sede nella casa comunale in Portovenere, Via Garibaldi n. 9, ivi rimettendone copia conforme all'originale a mezzo del servizio postale ai sensi di legge. CAP 19025.





- quanto alla Provincia della Spezia, in persona del Presidente in carica, alla sua sede in La Spezia, Via Veneto 2, ivi rimettendone copia conforme all'originale a mezzo del servizio postale ai sensi di legge. CAP 19124.





- quanto all’ENEL S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, alla sua sede in Roma, Viale Regina Margherita n. 137, ivi rimettendone copia conforme all'originale a mezzo del servizio postale ai sensi di legge. CAP.



- quanto alla Società La Spezia Container Terminal S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, alla sua sede in La Spezia, Via Molo Fornelli, ivi rimettendone copia conforme all'originale a mezzo del servizio postale ai sensi di legge. C.A.P. 19124